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Roberto Bellarmino (1542-1621), il “fortissimo baluardo” cattolico contro la teologia della Riforma (I)

Nella storia della teologia Roberto Bellarmino (1542-1621) è associato alla teologia “controversista” o “apologetica”. Nell'immaginario del lettore informato, Bellarmino incarna la battaglia che il cattolicesimo romano ingaggiò con la Riforma dopo il Concilio di Trento. Il fulcro della sua vita e forse il contributo principale della sua carriera come professore, vescovo e infine cardinale, fu quello di essere il difensore dell'ortodossia cattolica romana come era stata riaffermata al Concilio di Trento contro le rivendicazioni critiche avanzate dai vari filoni della Riforma protestante.

Alcune delle espressioni che furono usate per celebrare le sue imprese illustrano il modo in cui la sua eredità è stata recepita: propugnaculum fortissimum (fortissimo baluardo), “il Sole della Chiesa di Dio”, haereticorum malleum (il martello degli eretici). 

Roberto Bellarmino nacque a Montepulciano vicino a Siena nel 1542. Suo zio, da parte di madre, era papa Marcello II e suo patrono del battesimo era il cardinale fiorentino Roberto Pucci. Essendo stato educato in una famiglia religiosa, l’impulso a una vita dedicata alla Chiesa romana fu precoce e lo portò ad avvicinarsi all'ordine dei Gesuiti di recente fondazione (Societas Iesu). Sua madre frequentava regolarmente i ritiri ispirati agli Esercizi Spirituali di Ignazio di Loyola. Divenne gesuita nel 1560 all'età di diciotto anni. La sua preparazione teologica si svolse presso il collegio gesuita di Padova (1567) dove si formò secondo la tradizione tomista che sarebbe diventata la sua scuola primaria di pensiero e di cui sarebbe diventato uno strenuo promotore. A Padova sviluppò anche le sue doti di umanista ben versato negli studi classici (soprattutto Cicerone e Virgilio) e nelle lingue bibliche. Da giovane brillante studioso fu inviato a Lovanio (Fiandre) per completare i suoi studi in quella prestigiosa città universitaria. Andò così bene dal punto di vista accademico che presto vi divenne professore di teologia (1570-1576). 

Fu a Lovanio che Bellarmino iniziò a conoscere gli scritti dei riformatori protestanti. La vicinanza con regioni fortemente influenzate dalla Riforma rendeva necessario – forse inevitabile – che una mente teologica così brillante si addentrasse nelle opere che avevano cambiato il panorama religioso del continente. I suoi sermoni vennero ascoltati da un pubblico sia di cattolici che di protestanti, dandogli l'opportunità di un incontro personale con alcuni di loro. Nella sua Autobiografia racconta anche di un episodio in cui – durante un viaggio a Lovanio – fu testimone di un atto di persecuzione contro un villaggio cattolico da parte delle truppe di Wolfgang, duca di Zweibrücken. Fu con il calvinismo in particolare che Bellarmino si confrontò nella predicazione e nell’insegnamento, dato che Lovanio era vicino ai Paesi Bassi spagnoli.

Nel 1576 Bellarmino fu richiamato in Italia da papa Gregorio XIII, questa volta a Roma per assumere la cattedra di “controversie” al Collegio Romano. La cattedra era stata già istituita dallo stesso Ignazio di Loyola nel 1555 come punto di riferimento per la formazione di sacerdoti e religiosi provenienti e di ritorno dalle regioni dove il protestantesimo era diventato una minaccia per Roma. Papa Gregorio aveva provveduto affinché 150 studenti dalla Germania e circa 50 dall'Inghilterra fossero addestrati per diventare novos milites (nuovi soldati) nella battaglia. In vista di ampliare l'influenza della cattedra, il Papa chiamò Bellarmino incaricandolo di provvedere ad una formazione teologica di alto livello.

All'età di 34 anni Bellarmino iniziò il suo primo corso al Collegio Romano. Tenne la cattedra dal 1576 al 1587: undici anni intensi di ricerca e di insegnamento. Su un manoscritto conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, è presentato in ordine cronologico il piano di studio della cattedra e l'elenco degli argomenti trattati:

1576-1577 Sulla Parola di Dio, la Tradizione, Chiesa e Concili

1577-1578 Sul Romano Pontefice e sul Sacerdozio

1578-1579 Sui monaci/clero, laici e purgatorio

1579-1580 Sui santi, grazia e peccato

1580-1581 Sul libero arbitrio e sulla giustificazione

1581-1582 Su Cristo

1584-1585 Sui Sacramenti in generale

1585-1586 Sul Sacramento dell'Eucaristia

Il piano dà un'idea della portata dell'insegnamento di Bellarmino a Roma, nonché delle principali aree di controversia che riteneva opportuno affrontare. Ben presto ricevette pressioni per rendere disponibile il materiale in forma di libro per una più ampia diffusione e per averlo come strumento di riferimento per sacerdoti e intellettuali cattolici in tutta Europa. Dopo aver studiato sotto Bellarmino, agli studenti sarebbero state date le sue lezioni come “armi” da usare nelle controversie teologiche nei loro Paesi. Anche se con riluttanza, poiché quando li redasse per la prima volta non erano destinati a circolare, si sforzò di preparare le sue lezioni per la pubblicazione. Il risultato dei suoi corsi di Lovanio e di Roma alla fine uscì come Disputationes de controversiis Christianae Fidei adversus huius temporis haereticos, pubblicato a Ingolstadt in tre tomi dal 1586 al 1593. Quest'opera è diventata la confutazione teologica cattolica standard della Riforma fino al Concilio Vaticano Primo (1870). L'opera ha avuto venti edizioni pubblicate in tutta Europa, ovvero Ingolstadt, Venezia, Lione, Colonia, Praga, Milano, Roma, Napoli. L'ultima edizione fu pubblicata a Parigi (1870-1874) subito dopo il Vaticano I.

Dopo Bellarmino, la cattedra di “controversie” fu sospesa anche perché la necessità di risorse per la formazione dei sacerdoti nella resistenza e nell'attacco al protestantesimo era stata colmata con la pubblicazione delle Controversie di Bellarmino. La cattedra fu infine riaperta nel 1666 per poi essere definitivamente soppressa nel 1773. 

La carriera accademica di Bellarmino continuò, partecipando alla revisione della traduzione latina Vulgata della Bibbia (1588-1592), la famosa Sesto-Clementina di cui scrisse la prefazione, e alla riforma del Breviario. Negli anni 1590 fu coinvolto in una controversia cattolica romana tra domenicani e gesuiti sui rapporti tra l'efficacia della grazia e la libertà della volontà. I gesuiti accusarono i domenicani di calvinismo; i domenicani accusarono i gesuiti di pelagianesimo. Come gesuita Bellarmino difese la posizione molinista contro la visione più meccanicistica dei domenicani, anche se suggerì che la questione avrebbe dovuto essere lasciata aperta in modo tale che entrambe le opinioni trovassero cittadinanza nella teologia cattolica.

Per il suo instancabile servizio alla corte pontificia, fu nominato cardinale nel 1599 dato che papa Clemente VIII lo teneva in altissima stima come uomo dotto e spirituale. Dal 1602 al 1605 fu inviato a Capua (vicino Napoli) come arcivescovo, unendo le sue notevoli capacità intellettuali e di predicazione al calore delle sue pratiche devozionali e pastorali. La sua esperienza ecclesiastica lo rese anche un abile diplomatico. 

Alla corte pontificia Bellarmino fu coinvolto anche nel processo a Galileo nel 1616. Bellarmino riteneva che la teoria copernicana fosse un'ipotesi da respingere; per questo consegnò personalmente a Galileo l'ammonizione del Sant'Uffizio ma non fu lui a costringere Galileo a ritrattare le sue convinzioni. Ciò avvenne nel 1633 quando Bellarmino era già morto da undici anni.

Sono state pubblicate parti di molti dei suoi sermoni, una grammatica ebraica, un commento ai Salmi e circa 2600 lettere. Le sue opere devozionali includono due catechismi: uno per bambini (1597) e uno per adulti (1598), e due trattati di spiritualità di cui uno sulla preparazione alla morte (1619). Morì nel 1621 a Roma dove è sepolto nella Chiesa di Sant'Ignazio accanto al Collegio Romano dove aveva insegnato e dove aveva prodotto l'opera che – più di altre – ha fatto di lui una colonna della teologia della contro-riforma e un punto di riferimento dell’apologetica cattolica anti-protestante per tre secoli. 

La grandezza di Bellarmino è ben sintetizzata da un punto di vista cattolico romano da Dinesh D'Souza quando sostiene: “Bellarmino contribuì a salvare la fede durante l'assedio protestante del XV, XVI e XVII secolo, raccogliendo la sfida teologica dei riformatori e guidando il cattolicesimo verso un nuovo vigore e una fiducia nel futuro”. Dopo la sua morte, le opere di Bellarmino furono portate dai missionari gesuiti in tutto il mondo nei loro sforzi di esportazione del cattolicesimo romano. La sua Opera Omnia fu nuovamente pubblicata a Roma (1832-1840) e poi a Napoli (1856-1862) in otto volumi a dimostrazione del fatto che fino alla seconda dell'Ottocento i suoi scritti erano ancora richiesti. Inoltre, nel discutere i contorni dell'infallibilità del Papa in vista di elevarla a dogma della Chiesa romana, l'autorità di Bellarmino fu evocata dal Concilio Vaticano I (1870) a sostegno di essa. La sua eredità e reputazione continuarono ad essere onorate al punto che, fino al XX secolo, papa Pio XI lo beatificò (1923) e lo canonizzò (1930), dichiarando infine Bellarmino dottore della Chiesa universale nel 1931.

 

(sintesi di una conferenza “Bellarmine against the Reformers” tenuta alla Westminster Conference il 1 dicembre 2020 e in corso di pubblicazione)


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