Siamo liberi di essere offesi?

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Se la libertà religiosa è la madre delle libertà e dei diritti umani, la libertà di parola è la sua sorella più stretta. Non più di due settimane fa abbiamo ricevuto ancora una volta la brutta notizia di un terrorista islamico che, nella città di Nizza, ha compiuto una strage dentro una chiesa cattolica mentre i fedeli erano intenti a pregare. Utilizzando un coltello e ripetendo la frase “Allahu Akbar”, il terrorista ha fatto di nuovo precipitare la Francia nella paura dopo la tragedia della decapitazione dell’insegnante Samuel Paty di qualche settimana prima. Questi due casi evidenziano, tra l’altro, l’impatto devastante che il tema dell’offesa ha nella nostra società multiculturale. 

Il primo attacco, quello al professor Paty, è stato perpetrato dopo che lui aveva mostrato alcune vignette che contenevano l’immagine del profeta Maometto. Questo ultimo attacco ci fa pensare anche a quello contro la rivista Charlie Hebdo avvenuto a Parigi nel gennaio 2015, avendo questi in comune l’accusa di bestemmia contro il nome di Maometto. Dopo entrambi gli attacchi, il Presidente francese Macron ha denunciato subito e con decisione le stragi mettendo in evidenzia la volontà inamovibile della Francia di difendere la libertà di parola a qualsiasi costo.

Quando eventi così accadono nel mondo, non possiamo non riflettere sulla precarietà dei nostri diritti. La libertà religiosa è collegata in qualche maniera alla libertà di parola. Il nostro diritto di dire quello che vogliamo, quando vogliamo e come vogliamo, sicuramente avrà degli effetti negativi in un mondo dove non tutti credono la stessa cosa e dove le persone hanno percezioni diverse sulle cose che diciamo. Ma se arriviamo al punto in cui possiamo dire o sostenere pubblicamente solo quello che gli altri o il governo considerano come non offensivo non siamo più una società liberale e diventiamo un Paese controllato dalle voci della maggioranza o di una minoranza vendicativa. 

Come accade per la libertà religiosa, gli evangelici devono essere sensibili anche alla libertà di parola perché sappiamo che il messaggio dell’evangelo è sicuramente offensivo per qualcuno. Esso ha al suo centro il fatto che siamo veramente peccatori dalla nascita e abbiamo bisogno di un Salvatore che ci perdoni e ci salvi. Per chi non accoglie questo messaggio, il giudizio di Dio è ciò che ci aspetta. Questa “notizia” è offensiva per tutti, dato che viviamo in un mondo dove tutto è permesso e niente è condannato. Se cerchiamo di censurare solo le cose che ci offendono e difendiamo solo il nostro punto di vista, noi stessi un giorno saremo quelli che saranno censurati.  

Come credenti in Gesù Cristo, dobbiamo essere liberi di essere offesi e di “offendere” secondo l’evangelo. Se la misura della nostra tolleranza si ferma proprio alla nostra capacità di essere offesi corriamo il rischio di avere un messaggio di pacificazione invece di un messaggio di riconciliazione. Non dobbiamo essere quelli che sono offensivi per il gusto di esserlo, ma quelli che lasciano alla Parola del Signore di colpire al cuore quelli che si sentono offesi. I nostri comportamenti devono essere plasmati dal fatto che anche noi siamo peccatori, anche noi siamo stati perdonati ed il messaggio che portiamo altro non è che la speranza che abbiamo in Cristo. La gloria del Signore non richiede che difendiamo con violenza la sua Persona dagli attacchi altrui. L’apostolo Paolo ha scritto così in Galati 6,7-8: “Non vi ingannate; non ci si può beffare di Dio; perché quello che l'uomo avrà seminato, quello pure mieterà. Perché chi semina per la sua carne, mieterà corruzione dalla carne; ma chi semina per lo Spirito mieterà dallo Spirito vita eterna”. Non ci sono cartoni animati, fumetti, film o parole così bestemmiatrici da cui dobbiamo difendere in modo violento l’onore del Creatore del mondo. Lui avrà l’ultima parola riguardo al suo onore e alla sua maestà: noi siamo i portatori della buona notizia che Gesù Cristo è venuto nel mondo per salvarci e per riconciliare ogni cosa al Padre, anche se questo è offensivo per alcuni.