Definire il cattolicesimo romano (IV): l'introiezione dell'istituzione imperiale romana
Dopo aver sostenuto la possibilità e l’utilità di cimentarsi nell’impresa di provare a definire il cattolicesimo da un punto di vista evangelico, la sintesi proposta è stata la seguente:
Il cattolicesimo romano è una deviazione dal cristianesimo biblico
consolidatasi nel corso dei secoli
riflessa nell’introiezione dell’istituzione imperiale romana
fondatasi su una teologia antropologicamente ottimista e su un’ecclesiologia abnorme
definitasi intorno al suo sistema sacramentale
animata dal progetto cattolico (universale) di assorbire il mondo intero
risultante in una religione confusa e distorta.
Scomponendo la definizione nelle singole affermazioni, ho suggerito i motivi per cui il cattolicesimo sia una deviazione dal cristianesimo biblico e ho tracciato la traiettoria storica in cui si è consolidato nei secoli. Vediamo ora cosa significhi che il cattolicesimo abbia “introiettato l’istituzione imperiale romana”.
La chiesa cattolica romana si presenta come una rigida istituzione gerarchica e verticistica, divisa tra una classe (ristretta) di chierici e una massa (numerosa) di laici. Ai primi è riservato il sacramento dell’ordine (con l’annessa autorità di insegnamento e di governo) mentre i secondi vengono relegati ad un ruolo sacramentalmente marginale (e comunque mai sostanziale) e di esecutori. Già questa suddivisione tra una larga base di laici e un vertice ristretto di chierici è contro la natura biblica della chiesa che è un corpo di varie membra tutti sotto un unico capo (che è Cristo) e al servizio di Lui. La stessa struttura gerarchica si ha tra dentro la classe dei chierici suddivisa tra parroci, vescovi, arcivescovi e papa tutti rigorosamente in linea gerarchica. Ora questo imprinting dell’istituzione ecclesiale non è biblico, ma imperiale. E’ la cultura imperiale romana e la sua concezione dell’esercizio del potere che hanno forgiato in modo determinante il calco della struttura della chiesa di Roma e della corrispondente visione gerarchica del mondo.
Il papato è l’istituzione che meglio riflette l’origine imperiale. Anche le letture più generose del ruolo di Pietro nella prima chiesa descritta nel Nuovo Testamento non possono in alcun modo giustificare l’emersione del papato quale ufficio apicale della chiesa. Il papato assomiglia all’ufficio dell’imperatore trasposto alla realtà di una istituzione religiosa. Molti titoli papali sono traduzioni ecclesiastiche di titoli imperiali. Si pensi, ad esempio, a “Successore del Principe degli Apostoli (cioè Pietro)”, “Sommo Pontefice della Chiesa Universale”, “Primate d’Italia”, “Sovrano della Stato della Città del Vaticano”. Sono titoli imperiali, non ecclesiali. Sono ruoli politici, non spirituali. Nel linguaggio impiegato e nella cultura che sottendono, sono debitori della politica dell’impero romano, non dell’esercizio della responsabilità nella chiesa secondo l’evangelo. Dove nella Bibbia si parla di un capo umano della chiesa che è “principe”, “pontefice”, “primate”, addirittura “sovrano” di uno Stato? E’ chiaro che siamo in presenza di una trasposizione di titoli alieni alla chiesa di Gesù Cristo e derivanti dall’ideologia politica di un impero umano.
Si pensi a come il recente Catechismo della Chiesa cattolica (1992) definisce e descrive il ruolo del papa romano. Al paragrafo 882 viene detto che “il Romano Pontefice, in virtù del suo ufficio di Vicario di Cristo e di Pastore di tutta la Chiesa, ha sulla Chiesa la potestà piena, suprema e universale, che può sempre esercitare liberamente”. Potere pieno, supremo e universale: questo è un potere imperiale, non definito dalla Scrittura che, al contrario, limita e circoscrive ogni potere, quello ecclesiale incluso. Si veda il paragrafo 937 dove si legge che “il Papa è per divina istituzione rivestito di un potere supremo, pieno, immediato e universale per il bene delle anime”. Ancora di potere si parla e lo si definisce in termini imperiali salvo attribuirlo addirittura al volere divino!
Il papato è figlio di una concezione imperiale al cui vertice c’è l’imperatore (papa), attorniato da un senato di maggiorenti (cardinali e vescovi) che governano gli uomini liberi (preti) e una massa di schiavi (laici). Il cattolicesimo ha introitato la struttura imperiale e l’ha riprodotta nella propria auto-comprensione e nella sua organizzazione interna. Il dramma è che l’ha anche rivestita di “imprimatur” divino come se discendesse direttamente dalla volontà di Dio e l’ha resa immodificabile. Tutto il tentativo di giustificare biblicamente la struttura imperiale della chiesa è un esercizio postumo che ha provato, invano, a vedere il cattolicesimo come “sviluppo” organico della chiesa del Nuovo Testamento. La realtà mostra che la chiesa di Roma è figlia dell’impero romano. Quando l’impero è caduto, dalle sue ceneri è rimasta la struttura ecclesiastica che ne ha perpetrato l’ideologia per secoli, sino ai nostri giorni.