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Stottiana (III). La croce di Cristo

Non è mai stata del tutto convincente la ricorrente lamentela secondo cui in Italia i libri evangelici utili per la formazione siano pochi e scarsi. Negli ultimi anni, poi, gli argomenti di questa lagnanza vanno ulteriormente indebolendosi grazie alla pubblicazione di sempre più numerosi e corposi volumi che riflettono la ricchezza e la varietà del pensiero evangelico.

L'offerta di libri di teologia evangelica in italiano si sta espandendo molto. Ormai, chi vuole impegnarsi in letture serie e arricchenti può disporre di un discreto menù di partenza che toglie definitivamente il terreno da sotto i piedi dei pigri. Tra le grandi opere recentemente messe a disposizione del lettore italiano c'è quella di Stott: La croce di Cristo, Roma, GBU 2001, pp. 521.

Nel suo consueto rigore metodologico e con la sua notoria abilità espositiva, John Stott esamina il tema fondamentale della croce di Cristo, mettendone in evidenza l'assoluta centralità per capire e vivere il cristianesimo.

Dopo una parte introduttiva in cui si rievoca la centralità della croce, Stott esplora in profondità il nucleo del messaggio della croce, i benefici della croce e, prima della conclusione, affronta il tema della vita ai piedi della croce. I riferimenti costanti ai testi biblici, l'attenzione per la dimensione storica della riflessione sulla dottrina della croce, l'interazione con la critica attuale (soprattutto di area anglosassone), la sensibilità nei confronti delle ricadute pastorali del discorso teologico, fanno dell'opera di Stott una bell'esempio di come la teologia evangelicale possa essere biblica, teologica e pratica.

Nella modernità teologica la croce non ha cessato di essere “scandalosa”. Certe tendenze del pensiero contemporaneo provano a ricomprendere la croce come simbolo di pace e di amore, ma omettono di apprezzare il suo carattere giudiziale e sostitutivo. Alcuni sottolineano il suo portato di solidarietà, ma tacciono sul suo significato espiativo. Altri sono scandalizzati dalla “violenza” della croce e vorrebbero una salvezza “indolore” e “senza spargimento di sangue”, ma la croce parla della gravità del nostro peccato e del rigore della giustizia di Dio. Altri ancora vorrebbero pensare alla croce come simbolo universale della civiltà cristiana, ma dimenticano che la croce mentre unisce Cristo ai suoi, divide le persone che credono in Lui da quelle che lo rifiutano. Insomma, la croce rimane uno “scandalo”; eppure è uno “scandalo” che è al centro dell’evangelo. Stott non vuole appiattire, dolcificare, anestetizzare, banalizzare, contraffare la croce. La presenta nella sua ricchezza biblica, anche se cozza con alcuni dogmi del politicamente corretto.

Stott ricorda anche le responsabilità della croce per coloro che credono. Come afferma il Patto di Losanna (1974): “una chiesa che predica la croce deve portare essa stessa il segno della croce. Essa ostacola l'evangelizzazione quando tradisce l'Evangelo, quando le manca la fede vivente in Dio, l'amore vero per gli uomini o la scrupolosa onestà in tutte le cose” (n. 5). Chi si riempie la bocca della croce senza che la sua vita sia modellata dalla croce e diventi cruciforme, sta dicendo sciocchezze.  Mentre Stott difende da par suo il pensiero evangelico storico sulla croce, chiama la chiesa evangelica a vivere la croce e . In qualche modo, con questo libro Stott ha fatto nel XX secolo quello che Lutero, con la sua theologia crucis, fece nel XVI secolo e quello che ogni generazione deve fare se vuole rimanere fedele all’evangelo in parole e in opere.


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