Sulle orme dell’apostolo Paolo in Italia (II). Reggio Calabria: le radici spirituali di una città
Situata ai piedi del massiccio montuoso dell’Aspromonte, Reggio Calabria è eretta sulla bellissima sponda orientale dello stretto di Messina. Con un tratto di mare di soli dieci chilometri che la separa con la Sicilia, l’Isola del Sole è ben visibile dalla città più meridionale dell’Italia peninsulare.
I Corinzi che sbarcarono a Siracusa non furono gli unici ad attraversare il Mediterraneo e a raggiungere la costiera siciliana e della penisola nell’ottavo secolo a.C. Altri coloni greci provenienti dalla regione di Calcide, vicino ad Atene, raggiunsero l’area e si stabilirono lungo entrambe le sponde dello Stretto, in città come Naxos, Messina e Reggio Calabria.[1] Alcuni secoli dopo, la regione meridionale non resistette alle invasioni romane del primo secolo a.C. e così, all’epoca della visita di Paolo, pur avendo mantenuto gran parte del suo carattere greco, Reggio fu comunque romanizzata.
Purtroppo, nei secoli scorsi, la zona è stata colpita da numerosi terremoti che hanno distrutto alcune importanti testimonianze architettoniche dell’antica di Reggio. Così come la città di Siracusa dovette essere ricostruita dopo il terremoto di fine Seicento,[2] anche qui molti edifici di rilievo furono ricostruiti dopo un terremoto distruttivo avvenuto il 28 dicembre 1908. È per questo che troviamo una cattedrale neoromanica, il Duomo di Reggio, edificato con uno stile architettonico sorto solo nell’Ottocento. Nonostante ciò, la città ha sempre avuto una cattedrale, almeno dal sesto secolo d.C. in poi.[3]
Paolo, fondatore della Chiesa reggina?
Non è necessario entrare nel Duomo per trovare segni che ricordano la brevissima visita di Paolo a Reggio, o Rhegium come la chiamavano i Romani. Innanzitutto, avvicinandosi alla cattedrale da Piazza del Duomo, si notano due statue su entrambi i lati della scalinata che conduce all’ingresso: quella di sinistra raffigurante appunto l’apostolo Paolo. Dopodiché, salendo le scale, si arriva davanti a un portico semicircolare, sulle cui pietre sono incise le parole greche “ΠΕΡΙΕΛΘΟΝΤΕΣ ΚΑΤΗΝΤΗΣΑΜΕΝ ΕΙΣ ΡΗΓΙΟΝ”. Esse sono trascritte anche in caratteri latini, “perielontes katēntēsamen eis Rhēgion”,[4] e sono semplicemente riprese dal resoconto di Luca del viaggio di Paolo a Roma nel capitolo ventotto degli Atti degli apostoli: “Di là, costeggiando, arrivammo a Rhegium” (Atti 28,13).
Come si vede, Luca è ancora meno loquace su Reggio di quanto lo sia stato sullo sbarco di Paolo a Siracusa. L’unica informazione aggiuntiva che possiamo trovare nei suoi scritti è che entrambi partirono il giorno successivo al loro arrivo (Atti 28,13). Eppure, il 7 ottobre 1984, durante una visita ufficiale nella regione Calabria, il papa Giovanni Paolo II pronunciò le seguenti parole nell’omelia della messa che guidò nella Cattedrale:
Il soggiorno dell’apostolo a Reggio fu breve, ma questo soggiorno significò l’inizio del Vangelo e della Chiesa nella vostra terra: è la “implantatio ecclesiae” in Calabria da cui parte la prima evangelizzazione e a cui fanno riferimento le prime comunità cristiane di questa terra.[5]
Così, secondo il defunto papa, la chiesa di Reggio fu di fatto fondata durante la breve visita di Paolo nella città. Ma se la Bibbia non dice nulla di ciò che Paolo fece qui, quali sono le fonti che sostengono la suddetta affermazione? Un accenno di risposta si trova nell’uomo raffigurato sull’altra statua ai piedi della scalinata che conduce all’ingresso del Duomo. Egli è conosciuto come Santo Stefano. Non si tratta dello Stefano che fu martirizzato a Gerusalemme, sotto l’occhio compiacente di Paolo ancora non convertito (Atti 7,54-60), ma di Stefano di Nicea. Originario della città situata nell’odierna Turchia dove nel 325 sarebbe stato organizzato il famoso concilio ecclesiastico, quest’uomo era probabilmente un contemporaneo dell’apostolo Paolo.
La certezza del papa che Paolo avesse fondato la chiesa di Reggio non si limitava a queste poche parole. Già quattro anni prima, il pontefice romano aveva promulgato una bolla ufficiale (esistente solo in latino) in cui affermava ufficialmente che l’apostolo Paolo aveva nominato direttamente Stefano di Nicea come primo vescovo di Reggio. Perciò, la bolla riconosceva entrambi gli uomini come patroni rispettivamente primario e secondario della città.[6] Quindi, sia l’omelia che la bolla di Giovanni Paolo II sembrano piuttosto inequivocabili riguardo alle origini della chiesa di Reggio. Ufficialmente, la Chiesa cattolica romana ritiene che Paolo abbia nominato Stefano di Nicea come primo vescovo della città. Ma esistono prove storiche a sostegno di questa posizione ufficiale?
La convinzione che Stefano sia stato nominato da Paolo a Reggio non è infatti recente. Essa si basa su alcuni resoconti tradizionali di ciò che Paolo potrebbe aver fatto a Reggio durante la sua permanenza in città. Una di queste sostiene che Paolo arrivò durante i festeggiamenti della dea pagana Diana. Sapendo che Paolo era un missionario cristiano, i governanti della città gli permisero di predicare alla folla riunita per i festeggiamenti, ma solo fino a quando il ceppo della torcia posta al suo fianco avesse finito di bruciare. L’apostolo iniziò così a predicare, ma quando la torcia si consumò del tutto, la storia narra che la colonna su cui era stata posta iniziò a brillare di una luce intensa che rimase fino a quando non terminò il suo sermone. Questo prodigio, sempre secondo la storia, riempì il pubblico di stupore e così, quella sera, molti si convertirono a Cristo.[7] Un altro racconto tradizionale aggiunge che quando Paolo lasciò Reggio il giorno successivo, l’apostolo incaricò Stefano di Nicea di essere il primo vescovo della città.[8]
Quindi, se entrambi i resoconti dovessero essere presi sul serio, o almeno con un certo livello di veridicità, si dovrebbe concludere che Paolo ebbe un periodo molto attivo e fruttuoso durante la sua breve visita, tanto da fondare una chiesa durante quelle poche ore di permanenza.
Ovviamente, permangono molte difficoltà legate a questo resoconto. Una di queste è che la Bibbia tace su ciò che Paolo fece quel giorno a Reggio e non ci sono altre fonti storiche che confermino l’avvenuta predicazione alla folla. Un’altra difficoltà registrata è che Stefano non è mai menzionato nella Bibbia come compagno di Paolo nel viaggio verso Roma. Per superare quest’ultimo punto, alcuni hanno avanzato l’ipotesi che l’apostolo abbia mandato Stefano a Reggio in un momento successivo.[9] Quindi, sia che si voglia credere che Paolo abbia lasciato Stefano di Nicea a Reggio durante il suo breve passaggio, sia che l’apostolo lo abbia inviato in un secondo momento, in realtà non esistono conferme storiche che tali eventi siano realmente accaduti. Tutto ciò richiede l’accettazione di molte speculazioni storiche basate sulla tradizione, un passo che la Chiesa cattolica romana degli ultimi decenni è stata disposta a fare.
Inventare la città cristiana
Ma supponiamo che Paolo abbia davvero nominato Stefano di Nicea come primo vescovo della chiesa che avrebbe fondato a Reggio in meno di ventiquattro ore. Quali sarebbero state le istruzioni che gli avrebbe dato?
Prima di rispondere a queste domande, dobbiamo capire che tipo di città poteva essere Reggio nel primo secolo dopo Cristo. Nel suo acclamato libro L’invenzione dell'individuo. Le origini del liberalismo occidentale, il filosofo politico Larry Siedentop cerca di descrivere come era strutturata l’antica società greca prima dell’avvento del cristianesimo. Un tentativo del genere non è certo facile perché, come scrive Siedentop, “A partire dal sedicesimo secolo e dall’avvento dello Stato-nazione, in Occidente si è cominciato a pensare alla “società” come a un’associazione di individui”.[10] Tuttavia, la società antica era ben lontana dalla concezione individualistica che oggi diamo per scontata.
Siedentop descrive tre fasi principali di sviluppo della società che hanno preceduto l’avvento del cristianesimo nell’antica Grecia. La prima fase, che precede l’avvento delle città-stato greche, era strutturata attorno alla famiglia. Dal punto di vista cristiano, questo può sembrare tutto positivo a primo acchito, ma l’antica concezione della famiglia era molto diversa da quella odierna. La famiglia era strutturata intorno al culto degli antenati, che doveva essere alimentato attraverso il fuoco continuo del focolare familiare (è interessante notare che la lingua francese usa ancora la terminologia foyer familial, cioè focolare familiare, per indicare il nucleo della famiglia). In un tale contesto, il padre era di fatto il sacerdote e il sovrano della famiglia. Qualsiasi cosa facesse in nome degli antenati-dei doveva essere accettata da tutti i membri e quando qualcuno veniva espulso dal focolare familiare, per qualsiasi motivo, veniva ritenuto defunto.[11]
La seconda fase corrisponde all’avvento della città-stato. Anche in questo caso, l’antica concezione di città-stato non ha nulla a che vedere con la moderna concezione di città e di Stato. Le città-stato sono sorte quando le famiglie hanno iniziato a vivere vicine tra loro. Allora non si costruiva qualsiasi forma di società senza condividere gli stessi dei. Tuttavia, nessuna famiglia voleva vedere i propri antenati-dèi sottomessi agli antenati-dèi di un’altra famiglia. Pertanto, le antiche città-stato si strutturarono attorno a nuovi dèi che, invece di essere antenati, venivano scelti dall’ordine creato, come il mare o il vento, o benedizioni desiderate come la fertilità, e così via.[12] I re delle città diventavano sacerdoti e avevano il diritto di promulgare leggi che venivano consegnate esclusivamente a loro dagli dèi. La legge, tuttavia, non proteggeva tutte le persone che vivevano nella città, ma solo i “cittadini”, cioè i membri delle famiglie fondatrici della città. Gli stranieri e gli schiavi non erano considerati intrinsecamente alla pari dei cittadini.
La terza fase di cui parla Siedentop corrisponde al periodo ellenistico, un’epoca in cui le città-stato furono fagocitate dall’impero greco, prima, e da quello romano, poi. Progressivamente, gli dèi furono sostituiti da un concetto astratto chiamato “ragione”. Questo elemento non era solo uno strumento con cui si potevano calcolare le conseguenze delle proprie azioni, [13] ma un attributo che solamente la classe dirigente possedeva giustificando il fatto che alcune persone erano destinate a governare, mentre altre ad essere schiave.
Possiamo iniziare a capire che, quando Paolo si recò a Roma, nessuna di queste antiche strutture della società era in grado di spiegare l’idea che tutti avessero valore e dignità uguali. Eppure, i filosofi dell’Illuminismo del Settecento, nel loro tentativo di respingere le fondamenta cristiane dell’Europa, cercarono falsamente di attribuire questi valori all’antica Grecia. Larry Siedentop scrive con acume che
La diseguaglianza naturale costituiva il nucleo essenziale del pensiero antico. Si trattasse di sfera domestica, di vita pubblica o della contemplazione del cosmo, i greci e i romani non pensavano che tutti dovessero essere nelle stesse condizioni. Essi, al contrario, pensavano istintivamente che tra gli esseri umani ci fosse una gerarchia, una struttura sociale piramidale. Livelli differenti di status sociale riflettevano differenze intrinseche dell’essere. Il paterfamilias, il sacerdote o il cittadino non dovevano conquistare o giustificare il loro status. Il loro status superiore rifletteva la loro “natura”. Si giustificava da solo. [14]
È a questa società che Paolo iniziò a predicare il Vangelo. Contrariamente alle credenze pagane del tempo, Paolo sapeva che Dio aveva creato l’intera umanità a sua immagine e somiglianza (Genesi 1,26). Pertanto, alle nuove comunità di cristiani che aveva fondato, Paolo era ansioso di scrivere che “Non c’è qui né Giudeo né Greco; non c’è né schiavo né libero; non c’è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù” (Galati 3,28). Questo non significava che ogni tipo di gerarchia funzionale fosse abolita nella Chiesa. Per Paolo, le donne erano ancora chiamate a essere sottomesse ai loro mariti come al Signore (Efesini 5,22). Tuttavia, contrariamente alle società precristiane in cui il marito equivaleva a un sovrano supremo, nella Chiesa i mariti dovevano amare le loro mogli come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato sé stesso per lei (Efesini 5,25). In definitiva, tutti avevano lo stesso valore davanti a Dio e tutti coloro che avevano fede in Cristo avevano lo stesso accesso al Padre, indipendentemente dalla loro condizione. Fu grazie a questo principio fondamentale applicato a questa nuova società chiamata “Chiesa” che la comprensione dell’uguaglianza umana iniziò a diffondersi e a plasmare l’Europa e l’Occidente in generale.
La famiglia cristiana: baluardo contro il paganesimo
Torniamo quindi all’ipotetica nomina pastorale di Stefano di Nicea da parte di Paolo a Reggio Calabria. Se ciò fosse realmente accaduto, che tipo di raccomandazioni gli avrebbe dato Paolo per organizzare la nuova chiesa cittadina? L’apostolo aveva infatti scritto diverse lettere a due responsabili simili che aveva nominato in altre città, rispettivamente Timoteo a Efeso e Tito a Creta. Queste lettere, note come epistole pastorali, ci danno una preziosa comprensione di come dovevano essere formate le comunità cristiane. Un elemento fondamentale che traspare dalle epistole a Timoteo e Tito è la comprensione biblica della famiglia. Paolo comandò loro di ordinare dei vescovi che fossero sposati con una sola moglie e gestissero bene la loro casa (1 Timoteo 3,2,5,12; Tito 1,6). Comandò anche di insegnare ai credenti a prendersi cura delle loro famiglie (1 Timoteo 5,8). Paolo stava infatti modellando la comunità di Dio con la comprensione biblica della famiglia come elemento costitutivo. Ben presto gli insegnamenti di Paolo furono riconosciuti come ispirati da Dio e furono seguiti da innumerevoli comunità cristiane nei secoli successivi. Come scrive Siedentop, “Con la sua concezione di Gesù, Paolo scopriva una realtà morale che lo rendeva capace di porre le basi per un nuovo e universale ruolo sociale”.[15]
Purtroppo, l’Occidente moderno si sta allontanando dalle sue fondamenta cristiane e, di conseguenza, la base dell’uguaglianza morale è gravemente erosa. La Reggio Calabria odierna mostra un lento declino che vediamo avvenire sotto i nostri occhi. Infatti, se camminiamo a poche centinaia di metri dalla cattedrale in direzione del mare, si erge un’enorme statua dedicata alla dea greca Atena, definita difenditrice della città. Il primo pensiero che sovviene è che essa potrebbe essere un residuo dell’eredità greca della città, in un’epoca in cui si pensava che gli dèi fossero gli unificatori dei cittadini. In realtà si tratta di un monumento addirittura più recente del Duomo neoromanico, essendo stato inaugurato nel maggio del 1932.[16]
Se il paganesimo antico ha potuto generare società così immorali già nell’antichità, perché dovremmo credere che la sua rinascita moderna non distruggerà le fondamenta della libertà che abbiamo sperimentato così a lungo in Europa? Dato che questi dèi pagani portano inevitabilmente la società alla corruzione etica, la Chiesa ha bisogno più che mai di essere la luce del mondo e di prendere di nuovo sul serio gli insegnamenti di Paolo.
(continua)
[1] Domenico Spanò Bolani, Storia di Reggio di Calabria: da’ tempi primitivi sino all’anno di Cristo 1797, volume 1: da’ tempi primitivi sino all’anno 1600, Napoli, Stamperia e cartiere del Fibreno 1857, p. 1.
[2] Vedi Cédric Placentino, “Sulle orme dell’apostolo Paolo in Italia (I). Siracusa: scontro di visioni del mondo,” Loci Communes, 13 aprile 2023, https://www.locicommunes.it/articoli/sulle-orme-dellapostolo-paolo-in-italia-i?rq=placentino.
[3] “Cronologia essenziale,” Basilica Cattedrale di Reggio Calabria, consultato il 6 aprile 2023, http://www.cattedralereggiocalabria.it/la-storia/cronologia-essenziale.
[4] “La Chiesa reggina e San Paolo,” Basilica Cattedrale di Reggio Calabria, consultato il 7 agosto 2021, http://www.cattedralereggiocalabria.it/la-storia/la-chiesa-reggina-e-san-paolo.
[5] Giovanni Paolo II, “Visita pastorale in Calabria: Omelia di Giovanni Paolo II,” Vatican.va, 7 ottobre 1984, https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/homilies/1984/documents/hf_jp-ii_hom_19841007_messa-reggio-calabria.html
[6] Ioannes Paulus PP.II, “Litterae apostolicae cum Rheginensis: Sanctus Paulus Apostolus et Sanctus Stephanus Nicaenus patroni, unus principalis et alter secundarius, Rheginensis dioecesis confirmatur,” Vatican.va, 6 marzo 1980, https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/la/apost_letters/1980/documents/hf_jp-ii_apl_19800306_cum-rheginensis.html.
[7] “Cenni Storici,” Santuario San Paolo alla Rotonda Reggio Calabria, consultato il 7 agosto 2021, https://www.sanpaoloallarotonda.it/cenni-storici.
[8] Domenico Spanò Bolani, Storia di Reggio di Calabria da’ tempi primitivi sino all’anno di Cristo 1797: Tomo 1, Napoli, Stamperia e cartiere del Fibreno 1857, p. 93.
[9] Antonino Denisi, “Il legame inscindibile tra la Chiesa di Reggio Calabria e San Paolo,” Avvenire di Calabria, 29 giugno 2022, https://www.avveniredicalabria.it/san-paolo-reggio-calabria/.
[10] Larry Siedentop, L’invenzione dell’individuo. Le origini del liberalismo occidentale, Roma, Luiss University Press 2017, p. 21.
[11] Siedentop, cit., p. 25.
[12] Siedentop, cit., p. 37.
[13] Siedentop, cit., p. 49.
[14] Siedentop, cit., p. 67.
[15] Siedentop, cit., p. 81.
[16] Alessia Mancuso, “Reggio Calabria: l’Arena dello Stretto e l’Athena Promachos,” Classicult.it, 30 aprile 2019, ClassiCult.it. https://www.classicult.it/reggio-calabria-larena-dello-stretto-e-lathena-promachos/.