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Sulle orme dell’apostolo Paolo in Italia (III). Pozzuoli: la progenie d’oro e il libero mercato

Sorta sulle rive del Mar Tirreno a pochi chilometri ad ovest di Napoli, chi non conosce Pozzuoli potrebbe pensare che essa sia una semplice cittadina alla periferia dell’antica capitale del Regno delle Due Sicilie. Eppure, una breve passeggiata lungo i vicoli del centro storico svelerebbe rapidamente che Pozzuoli ha un passato piuttosto significativo. Proprio come le prime due città che abbiamo visitato, Siracusa e Reggio Calabria, anche questa città ha radici greche. Infatti, sia Pozzuoli sia Napoli furono fondate nel sesto secolo a.C. da persone provenienti da una colonia greca fondata un secolo precedente un po’ più ad est lungo il litorale, chiamata Cuma.[1] Per la sua posizione sul Golfo di Pozzuoli, la città che i greci chiamarono Dicaearchia e i romani Puteoli divenne, insieme ad Ostia vicino a Roma, uno dei porti più importanti della penisola italiana in epoca romana.[2] 

Dato che era un importante centro di scambi commerciali, Pozzuoli divenne anche un rilevante polo culturale. Qui giunsero molti artisti, non ultimo uno degli autori più importanti della Roma del primo secolo a.C., cioè Virgilio. Qui scrisse la sua opera più famosa, l’Eneide. Inoltre, oggi possibile visitare la sua tomba ubicata a metà strada tra Pozzuoli e Napoli. Che questa zona abbia avuto un profondo impatto sulla vita e sull’opera di Virgilio è particolarmente evidente nelle sue opere, come si nota nelle Ecloghe. In modo del tutto inaspettato per un autore pagano che precede la nascita di Gesù, Virgilio scrive di una profezia legata a Cuma:

L’ultima età del cumeo carme appressa:
Ecco, un grande rinasce ordin di tempi;
Già ritorna la Vergine, ritorna
Insiem con essa di Saturno il regno;
E dal ciel nova stirpe alto discende.
Tu, al nascente fanciullo, onde avrà fine
La ferrea gente e una progenie d’oro
Per tutto il mondo sorgerà, sorridi.
Casta Lucina: Apollo tuo già regna.[3]

I termini Apollo o Lucina si riferiscono chiaramente agli dei e alle dee pagane del tempo di Virgilio. Tuttavia, il canto sembra anticipare profeticamente ciò che sarebbe accaduto pochi decenni dopo la morte del poeta: in un territorio della sponda orientale del Mar Mediterraneo, una giovane vergine diede alla luce un bambino la cui morte e resurrezione innescò la nascita di una nuova generazione, una progenie d’oro secondo i termini di Virgilio, che si sarebbe poi diffusa in tutto il mondo. Quest’uomo non era ovviamente Apollo, ma Gesù Cristo, che ora regna come re sul mondo intero. È inoltre sorprendente rendersi conto che Virgilio parlò di un canto proveniente da Cuma. È infatti a Pozzuoli, città fondata, come già detto, da cumani, che Paolo sbarcò durante il suo viaggio verso Roma, con il seme del Vangelo che avrebbe dato origine alla progenie d’oro di Gesù in Italia, la Chiesa.

Magnifico assertore della verità                                         
Paolo sbarcò a Pozzuoli nel 61 d.C., dopo un viaggio attraverso il Mediterraneo iniziato alcuni mesi prima sulle rive di Cesarea Marittima, in Israele. Il racconto di Luca sul periodo trascorso a Pozzuoli ci dice che “Qui trovammo dei fratelli, e fummo pregati di rimanere presso di loro sette giorni.” (Atti 28,14). I sette giorni a Pozzuoli erano molto più lunghi dei tre giorni a Siracusa o del pernottamento a Reggio. Quindi, se in entrambe le città precedenti ci sono ricordi del passaggio dell’apostolo, dobbiamo aspettarci di trovare qualcosa di Paolo anche qui.

Una delle migliori testimonianze del passaggio di Paolo a Pozzuoli è una lapide situata sull’abside di una chiesa chiamata Chiesa di Santa Maria delle Grazie. L’abside è rivolta verso il mare, molto probabilmente di fronte al punto esatto in cui la nave alessandrina che trasportava Paolo terminò il suo viaggio. La lapide, inaugurata solo nel 1918, recita:

Paolo di Tarso
Apostolo delle genti
Magnifico Assertore della verità
Ai lidi puteolani approda
E qui trascorre sette giorni
Coi fratelli nella fede[4]

Riferirsi alla Chiesa come a una “progenie d’oro” o identificare Paolo di Tarso come “Magnifico Assertore della verità” potrebbe essere definito piuttosto arrogante per la mentalità dominante del ventunesimo secolo, guidata dal relativismo, cioè dall’idea che non esista una verità ultima, tranne ovviamente la verità ultima che non esiste una verità ultima. Mentre oggi il relativismo riduce la cristianità alla sfera delle credenze private (come abbiamo già visto nei capitoli precedenti), all’epoca di Paolo la verità del Vangelo iniziava a rimodellare i presupposti di base prima della società romana e in seguito dell’intero continente europeo. Le nuove convinzioni fondanti della cristianità iniziarono a rimodellare ogni ambito della vita.  

I semi biblici del libero mercato
Come abbiamo già visto, nel mondo antico Pozzuoli era un importante luogo di scambi commerciali. Ma la società antica intendeva l’economia nello stesso modo in cui la intendono gli europei moderni? Esisteva all’epoca il libero mercato? Uno sguardo più attento a un evento storico specifico, accaduto proprio qui nel porto di Pozzuoli, mostrerà come i presupposti di base dell’epoca siano molto estranei a quelli odierni. Quasi un secolo prima dell’arrivo di Paolo a Pozzuoli, la nave imperiale di Cesare Augusto approdò qui contemporaneamente a una nave mercantile che, come quella di Paolo, proveniva anch’essa da Alessandria d’Egitto, maggior fornitrice di grano dell’impero.[5] Lo storico romano Svetonio (69-122) racconta in modo particolarmente eloquente come Augusto fu accolto dai passeggeri e dai marinai alessandrini:

[La nave di Augusto] passando a caso per la baia di Pozzuoli, i passeggieri e i naviganti di una nave alessandrina, giunta allora in porto, gli si presentarono in candida veste e con corone in capo, e offrendo incensi, lo colmarono di auguri e di lodi, gridando: Per lui vivere, per lui navigare, per lui goder della libertà e di tutti i beni. Di che assai compiaciutosi, dispensò a tutto il corteggio quaranta talenti d’oro; ma volle che ognuno di loro gli promettesse con giuramento che non avrebbero speso quella somma se non nell'acquisto di mercanzie alessandrine.[6] 

I resoconti di Svetonio raccontano molto del sistema di credenze su cui si fondava la società romana. Vediamo chiaramente che l’imperatore non era altro che il dio supremo dell’Impero romano. Venerare Augusto come dio vivente sembrava del tutto normale per i marinai e i passeggeri della nave alessandrina. Dopo tutto, credevano che l’imperatore fosse la fonte della loro sicurezza, della loro ricchezza e persino della loro vita. In altre parole, Augusto sembrava essere niente meno che il loro messia. Come possiamo vedere, le loro credenze religiose non erano solo una questione di fede privata senza conseguenze sulla loro vita pubblica. Piuttosto, dettavano tutto ciò che facevano. Quindi, poteva esserci spazio per l’idea del libero mercato nel loro sistema di credenze?

È difficile capire per un italiano moderno abituato a vivere nella relativa libertà economica di cui la nazione ha goduto dopo la Seconda Guerra Mondiale, come si potesse vivere in un contesto dominato da un imperatore-dio. Nel campo dell’economia, la convinzione che Augusto fosse un dio non solo significava che tutta la ricchezza gli apparteneva, ma che era anche la fonte di tutta la ricchezza. Che la gente fosse d’accordo o meno, era proprio questo che l’imperatore intendeva comunicare attraverso le monete ufficiali coniate con la sua effigie sulla faccia posteriore.

Tale sistema di credenze, tuttavia, non era certo nato a Roma. Aveva infatti dominato qualsiasi superpotenza del mondo antico. Per esempio, la Bibbia rivela che nell’Antico Egitto anche il Faraone era stato elevato al livello di dio vivente. Tale status gli permetteva di possedere sia la terra che il popolo.[7] Con la suprema proprietà delle ricchezze dell’impero nelle loro mani, gli imperatori romani credevano di poter immettere denaro sul mercato o svalutare la moneta ogni volta che volevano, ad esempio per finanziare progetti di costruzione o guerre. Tali comportamenti arbitrari causarono più volte scompiglio nel mercato. In altre parole, quello che oggi intendiamo come libero mercato non poteva esistere a quei tempi, perché tutte le transazioni economiche erano, consciamente o meno, ritenute sotto il controllo dell’imperatore-dio.

Quindi, come è potuta nascere l’idea del libero mercato in Europa? Fu infatti il messaggio portato da Paolo, sbarcato come prigioniero a Pozzuoli, a trasformare radicalmente l’Impero romano e successivamente l’intero continente. Quando l’apostolo Paolo giunse qui, trascorse sette giorni con i primi membri della progenie d’oro raffigurata da Virgilio. Questa piccola comunità di cristiani poteva sembrare solo un numero insignificante all’interno della popolazione di Pozzuoli, ma furono persone come queste a portare i semi che avrebbero cambiato tutti gli ambiti della vita europea. Luca chiama queste persone “fratelli” perché, proprio come lui e Paolo, avevano riconosciuto che Gesù Cristo era Signore e Salvatore. Per questo motivo, respingevano la falsa credenza che l’imperatore fosse Dio. Sapevano che non era né la fonte né il legittimo proprietario di tutte le ricchezze dell’impero. Paolo aveva certamente insegnato alle chiese che “ogni persona” doveva essere “sottomessa alle autorità superiori” (Romani 13:1), e ciò comprendeva anche il pagamento delle tasse richieste dal governo romano:

Rendete a ciascuno quel che gli è dovuto: l’imposta a chi è dovuta l’imposta, la tassa a chi la tassa; il timore a chi il timore; l’onore a chi l’onore. (Romani 13:7)

Tali insegnamenti non erano in contraddizione con il rifiuto del credo dell’imperatore-dio. Questi fratelli sapevano che non stavano pagando la tassa come atto di culto al falso imperatore-dio. Essendo stati riscattati da Gesù dalla schiavitù delle false credenze generate dai falsi dei di Roma, i cuori e le menti di queste persone erano state liberate. Paolo aveva infatti scritto in una lettera ai Galati: “Cristo ci ha liberati perché fossimo liberi; state dunque saldi e non vi lasciate porre di nuovo sotto il giogo della schiavitù” (Galati 5:1). Ma questa libertà non era un idea mistica, cioè ultraterrena senza alcun impatto sulla loro vita terrena. Questi fratelli pagavano le tasse alle autorità romane, ma sapevano che il vero proprietario e la fonte di ogni ricchezza materiale era il Dio che Paolo proclamava. Inoltre, l’invito dell’apostolo a non sottomettersi di nuovo al giogo della schiavitù seminò nei cuori e nelle menti di questi fratelli la comprensione che Dio voleva che fossero liberi anche economicamente. Ma non è tutto: Questi fratelli recuperarono anche la comprensione che, qualunque fosse il loro status nella società, avevano lo stesso valore davanti a Dio. Paolo scrisse notoriamente alla stessa chiesa di Galati:  

Non c’è qui né Giudeo né Greco; non c’è né schiavo né libero; non c’è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù. (Galati 3:28)

Con la libertà e l’identità recuperate, Paolo incoraggiò la chiesa a lavorare per la sua “salvezza con timore e tremore” (Filippesi 2:12). Seguendo l’esempio di Gesù Cristo, che non era venuto per essere servito ma per servire, lavorare per la propria salvezza significava che questi fratelli erano chiamati a servire il prossimo. Queste idee rivoluzionarie, cioè libertà, uguaglianza davanti a Dio e servizio, sono state cruciali per gettare le basi del libero mercato nelle nazioni plasmate dalla Bibbia. Anche se il cambiamento di mentalità iniziò in epoca cattolica, queste idee divennero particolarmente importanti nelle nazioni che abbracciarono la Riforma tra il XVI e XVII secolo. Grazie a queste idee, le società iniziarono a capire che né i re né gli Stati potevano interferire con le transazioni economiche e le proprietà private delle persone. Le tasse potevano ancora essere riscosse per finanziare le istituzioni necessarie di una nazione, ma non come rivendicazione di sovranità suprema sulla ricchezza della nazione. Questa mentalità, che si sviluppò grazie all’impatto della Bibbia, iniziò a creare una società che era stata magnificamente descritta dal profeta Michea: “Potranno sedersi ciascuno sotto la sua vite e sotto il suo fico, senza che nessuno li spaventi; poiché la bocca del Signore degli eserciti ha parlato” (Michea 4:4). L’economista cristiano Gary North ha dato una spiegazione illuminante delle radici bibliche del libero mercato:

La base della Bibbia del libero lavoro, cioè del lavoro legalmente libero, è la dottrina della responsabilità personale di ogni uomo nell’esercitare la sua occupazione, cioè la sua vocazione, davanti a Dio. Poiché a ogni uomo viene detto di lavorare per la propria salvezza con timore e tremore (di diventare responsabile della propria vita e del proprio sostentamento) lo Stato è tenuto da Dio a evitare di dire alle persone come devono negoziare contrattualmente con altre persone. Quando permettiamo agli uomini di operare come uomini liberi sul mercato, affermiamo un sistema in cui ogni uomo ha l’opportunità di dimostrare le proprie capacità ai suoi simili. Ogni uomo ha l’opportunità di presentarsi davanti a qualsiasi altro uomo e offrire di scambiare i propri beni o servizi a un prezzo che ritiene vantaggioso per entrambe le parti.[8]

Dire alle persone come devono negoziare contrattualmente con altre persone fu esattamente ciò che l’imperatore Augusto fece con i passeggeri della sua nave imperiale. Li obbligò a spendere l’oro che aveva messo a loro disposizione nei beni che la nave alessandrina trasportava. Con la crescita della Chiesa in Europa, tali pratiche vennero progressivamente considerate ingiuste. 

Scristianizzazione e perdita della libertà
Oggi, però, con la perdita della visione biblica del mondo in Europa, queste idee di libertà, uguaglianza di fronte a Dio e servizio sono state scollegate dalle loro fonti, e quindi stanno perdendo il loro vero significato. Nella mente di un numero crescente di persone, lo Stato sta progressivamente tornando ad essere il proprietario supremo della ricchezza della nazione. L’uguaglianza di fronte al Creatore di tutte le cose viene sostituita dall’uguaglianza di fronte a un’idea astratta e impersonale chiamata Stato. E poiché è astratta e impersonale, non c’è più motivo di credere che si debba servire il prossimo come atto di culto verso Dio. Peggio ancora, non c’è più motivo di credere che i Comandamenti di Dio come “non rubare” o “non uccidere”, così fondamentali per l’esistenza di un libero mercato, debbano essere applicati. In un contesto così decristianizzato, il libero mercato si trasforma in un parco giochi per l’élite.

Possiamo iniziare a capire perché la targa di Pozzuoli dichiara Paolo come “Magnifico Assertore della verità”. Paolo arrivò in Italia come prigioniero, eppure grazie alla sua fedeltà nel proclamare il Vangelo, l’Italia e l’Europa intera cominciarono a essere trasformate dai semi da lui gettati. Innumerevoli fratelli e sorelle dopo di lui continuarono a sostenere la verità e, lentamente ma inesorabilmente, le idee fondamentali di una società libera cominciarono a mettere radici. È lecito affermare che senza Paolo, quella che oggi è conosciuta con il nome di civiltà occidentale probabilmente non sarebbe mai nata. Non è chiaro se Virgilio abbia previsto la nascita della Chiesa nelle sue Ecloghe. Anche se così non fosse, il Vangelo di Gesù Cristo ha effettivamente creato una progenie d’oro che ha trasformato, e continua a trasformare, il mondo intero.

(continua)

[1] Gabriel De la Porte du Theil, Géographie de Strabon: traduite du grec en français, tome second, Paris, imprimante impériale 1809, pp. 252-253.
[2] Lorenzo Palatino, Storia di Pozzuoli, e contorni con breve tratto istorico di Ercolano, Pompei, Stabia, e Pesto, Napoli, Luigi Nobile 1826, pp. 3-4.
[3] Publio Virgilio Marone, La IV Ecloga di Virgilio, trad. Mario Rapisardi. Tratto da Mario Rapisardi, Opere di Mario Rapisardi, vol. V, Catania, Niccolò Giannotta 1897, p. 251.
[4] M.N., “Cenni storici sulla parrocchia di Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli,” Santa Maria Pozzuoli, Sept. 1982, http://www.santamariapozzuoli.it/storia.html.
[5] Rodney Stark, Cities of God: The Real Story of How Christianity Became an Urban Movement and Conquered Rome, New York, Harper Collins 2006, p. 45.
[6] Gaio Svetonio Tranquillo, Le vite di dodici cesari, trad. Giuseppe Rigutini, Firenze, G.C. Sansoni editore 1882, pp. 191-192. 
[7] Vedi Genesi 47:13-31.
[8] Gary North, Inherit the Earth : Biblical Blueprints for Economics, Fort Worth, Texas, Dominion Press 1987, p. 101.


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