“Tutus tuus” (a Maria). L’eredità di Giovanni Paolo II a cent’anni dalla nascita
Karol Wojtyla (1920-2005), dal 1978 meglio conosciuto come Giovanni Paolo II, è stato uno degli uomini più influenti del XX secolo. Un rapido sguardo ai titoli delle biografie che lo riguardano mostrano la grandezza di quest’uomo: “L’uomo di fine millennio” (L. Accattoli), “Testimone di speranza” (G. Weigel), “L’uomo del secolo” (J. Kwitny), “Un pellegrino dell’assoluto” (G. Reale), “L’uomo che ha sconfitto il comunismo” (A. Santini). Come accade sempre con le biografie, insieme alle narrazioni celebrative, abbondano anche quelle critiche. Altri titoli, infatti, si soffermano sugli aspetti controversi della sua vita: “Vittoria e tramonto” (C. Cardia), “Un papa d’inverno” (J. Cornwell), “L’enigma Wojtyla” (J. Arias), “L’ultimo papa re” (L. Sandri).
La sua vita è stata al centro dei principali avvenimenti del XX secolo: la tragedia del nazismo e il trauma della Seconda guerra mondiale, l’ascesa e la caduta del comunismo, il Concilio Vaticano II e l’infervorarsi del dibattito successivo, l’apparente trionfo della democrazia occidentale e i costi oppressivi della globalizzazione per la maggior parte del mondo, la caduta delle ideologie e la nascita dell’edonismo secolarizzato. Wojtyla ebbe un ruolo principale in tutti questi eventi.
Come può essere valutata l’eredità di Giovanni Paolo II? La levatura del personaggio rende difficile riuscire ad averne un profilo adeguato. Tra i tanti libri a disposizione, una traccia è particolarmente degna di nota: quello del volume curato da Tim Perry, The Legacy of John Paul II: An Evangelical Assessment (2007), uno dei pochi tentativi di provare a fornire una valutazione da un punto di vista evangelicale. Il libro parla di come con Giovanni Paolo II l’atteggiamento evangelico rispetto al cattolicesimo romano sia diventato più amichevole, se non addirittura collaborativo. Questo papa è colui che ha invitato la sua chiesa ad essere coinvolta nella missione, incoraggiando il fronte pro-life, abbracciando alcune delle preoccupazioni evangeliche in relazione all’analfabetismo biblico diffuso e alla maggiore elasticità liturgica. Inoltre, Giovanni Paolo II è stato in grado di entrare in sintonia con il sud del mondo molto più dei suoi predecessori. Il libro curato da Perry testimonia anche del fatto che alcuni evangelici arrivano a chiamare il papa “Santo Padre” (Timothy George, pp. 309-312), un titolo che non è biblicamente giustificabile.
Sicuramente c’è stato un cambiamento radicale di atteggiamento e Giovanni Paolo II ha sicuramente lasciato il segno su molti evangelici. Il libro curato da Perry contiene commenti positivi su ognuna delle encicliche firmate da Wojtyla e il tono è vicino all’ammirazione, con qualche cenno critico minore. La maggior parte è un generico riassunto di quello che ha scritto il papa, nonostante sia selettivo in molti modi. Per esempio, non c’è menzione del fatto che ogni enciclica termini con un’invocazione a Maria, prassi stabilizzata per la redazione di encicliche papali ma che non segue un modello cristocentrico e biblico. Inoltre, c’è un’inadeguata consapevolezza che, oltre alla Bibbia, le encicliche papali citano molto più spesso fonti della tradizione della chiesa. La Bibbia è solo una fonte tra le altre e neppure la principale. Sui contenuti specifici, Fides et ratio (1998) unisce la ragione aristotelica e la fede tomista, escludendo molti elementi biblici. Ecclesia de eucharista (2003) rinforza la tradizionale dottrina cattolica della natura sacrificale dell’eucarestia, la ripresentazione della morte di Gesù e la pratica dell’adorazione dell’ostia. Ut unum sint (1995) afferma che il papa vuole cambiare le forme del suo ministero universale, ma non la sostanza del suo ufficio petrino che si presenta come un compito “vicario” del potere di Cristo sulla chiesa. Redemptoris mater (1987) è una narrazione della storia della salvezza incentrata su Maria, qualcosa che non viene per nulla incoraggiato dalla Bibbia. L’elenco potrebbe andare avanti, ma un ulteriore punto va approfondito.
La devozione a Maria è stata un aspetto caratterizzante della vita di Giovanni Paolo II. Egli credeva nei cosiddetti “segreti di Fatima” secondo i quali Maria avrebbe giocato un ruolo decisivo nel modificare la traiettoria del proiettile sparato dal terrorista Ali Agca che attentò alla sua vita. Evidentemente, il papa credeva alla provvidenza di Maria, considerandola un attore principale negli affari del mondo, cosmici e terreni, materiali e spirituali. Per questo motivo egli le dedicò il mondo intero all’inizio del nuovo millennio, insieme alla famiglia umana e al nuovo secolo, chiedendole guida e protezione costante. Inoltre, il suo motto personale è stato totus tuus, completamente tuo, con “tuo” riferito a Maria.