“Una tentazione da cui guardarsi”. Il cattolicesimo romano secondo Al Mohler

 
 

La relazione del presidente della Evangelical Theological Society è un barometro a cui fare riferimento per capire che aria tira nella teologia evangelica nord-americana. Quest’anno, il presidente Al Mohler ha dedicato il suo discorso al congresso annuale tenutosi a Fort Worth (Texas) alle quattro tentazioni per la teologia evangelica contemporanea. Queste tentazioni sono il fondamentalismo, l’ateismo, il cattolicesimo romano e il liberalismo. Non sono parole da prendere alla leggera. La navigazione della teologia evangelica non è serena: quando mai lo è stata? Ciò che interessa è capire quali siano i principali pericoli che ha intorno oggi.  

Chiara Lamberti ha opportunamente dato conto del discorso di Mohler e ne ha ricavato spunti importanti anche per la provincia italiana. Io mi soffermerò sulla terza tentazione individuata da Mohler: quella del cattolicesimo romano.

Intanto, si tratta di una presa d’atto non scontata. Mentre per secoli, il cattolicesimo romano è stato considerato l’antagonista teologico della teologia evangelica, negli ultimi decenni questa percezione è via via diminuita fino ad entrare in un limbo indefinito. Oggi molti evangelici hanno un’idea molto “sentimentale” del cattolicesimo romano: alcuni lo scambiano per una delle tante denominazioni cristiane (magari un po’ più strana delle altre); altri (impauriti dalle arrembanti spinte della secolarizzazione) vedono in Roma un bastione a cui guardare per la salvaguardia dei “valori” cristiani; altri ancora, volendo farsi legittimare al tavolo ecumenico e inter-religioso che conta, fingono di non vedere la realtà e partecipano al coro secondo il quale siamo “fratelli tutti”. Il fatto che Mohler dica che il cattolicesimo romano sia una “tentazione” (quindi un pericolo da cui guardarsi) è da salutare come un atto incoraggiante di vigilanza spirituale. Ciò indica che anche negli USA, dove dagli anni Novanta è in corso la confusa e fuorviante iniziativa “Evangelici e cattolici insieme” e dove le differenze tra cattolici ed evangelici sono sempre più viste come una questione di sfumatura piuttosto che di sostanza, via sia ancora un pezzo importante di teologia evangelica che non ha perso la bussola.   

Vale la pena di ascoltare tre affermazioni di Mohler e di commentarle brevemente:

1. “Essere evangelici è capire che una delle domande a cui dovremo sempre rispondere è perché non siamo cattolici”

Giustamente Mohler sostiene che essere evangelici significa non essere cattolici romani. Le due identità sono alternative. O si è uno o si è l’altro. Le teologie evangelica e cattolica nascono convinzioni di fondo diverse su Dio, la Bibbia, il peccato, la salvezza, la vita cristiana, ecc. e, pur usando parole uguali, fanno riferimento a significati distanti, talvolta opposti. In anni recenti, sulla sponda cattolica, c’è chi ha voluto sostenere che sia possibile essere “cattolici evangelici” (G. Weigel) unendo le due identità. Mohler dice no. O si è uno o si è l’altro. La tentazione evangelica è di pasticciare l’identità evangelica col risultato di rinnegarla. 

2. “Credo che andare a Roma significhi abbandonare il vangelo del Signore Gesù Cristo. Credo che sia aderire a una falsa chiesa basata su presupposti falsi e idolatrici”

Il cattolicesimo romano non è una tra le tante opzioni possibili per un credente nato di nuovo che vuole rimanere fedele alla Parola di Dio. Al contrario, seguire il cattolicesimo romano è andare contro l’evangelo. Il suo sistema è teologicamente falso e spiritualmente idolatrico. Queste di Mohler sono parole forti, in controtendenza rispetto al linguaggio “ecumenicamente corretto” tanto in vigore oggi. Eppure, sono parole vere che vanno dette e ripetute per non essere tentati di incamminarsi verso direzioni che possono sembrare devote, ma vengono dall’errore e portano fuori strada. 

3. “Essere evangelici significa riconoscere che non abbiamo alternative. Abbiamo solo la Bibbia e la Bibbia nella sua interezza come Parola di Dio”.

Per alcuni evangelici, la struttura d’autorità di Roma pare essere una tentazione in cui trovare rifugio. In un mondo che vede traballare le sue istituzioni tradizionali (famiglia, religioni) e in cui tutto è in perenne movimento, sapere che esiste un magistero, un papa, un centro stabile può essere motivo di attrazione. In alcuni settori della teologia evangelica nord-americana, c’è una crescente fascinazione verso la “grande tradizione” di cui Roma sarebbe in qualche modo garante e rappresentante. La fede evangelica, ricorda Mohler, pur sentendosi totalmente parte della storia della chiesa fedele e pur coltivando l’appartenenza alla chiesa globale, è sottomessa in modo supremo alla Scrittura soltanto. L’incrollabile fiducia nel Dio della Parola e, dunque, nella Parola di Dio è costitutiva per la fede evangelica.

Che Dio ci preservi dalle tentazioni da cui Mohler ci ha messo in guardia.