Vangelo della prosperità, domande aperte

 
Vangelo della prosperità, domande aperte
 

Negli ultimi cinquant’anni la teologia della prosperità ha certamente costituito uno di quei vettori che hanno fatto danno nella chiesa, indebolito la testimonianza evangelica ed orientato molte persone verso una spiritualità ed una attitudine profondamente sbagliate nei confronti di Dio. In una parola: eresia.

D’altro canto, che quella in Cristo sia una vita meravigliosa (perisson: abbondante, esuberante, straordinaria; Gv 10,10) rappresenta una verità biblica incontestabile ed avvalorata da tutta la Scrittura. Ogni nato di nuovo può e deve esserne profondamente persuaso e allo stesso tempo, in obbedienza alla Parola di Dio, persino pregare il Signore affinché essa sia manifestata nella propria vita ogni giorno di più secondo i Suoi piani e per la sola Sua gloria.

Su queste realtà il movimento pentecostale, nella sua vorticosa crescita, ha espresso un’evidente tensione: mentre esso ha contribuito a riscoprire la “multiforme grazia di Dio” senza scindere il materiale e lo spirituale entro la sedimentata spinta del dualismo greco, in alcuni suoi contesti la teologia della prosperità è potuta sorgere, fiorire e svilupparsi alla stregua del “lievito che fa fermentare tutta la pasta”.

Se lo spostamento può sembrare breve, in realtà esso delinea una grave responsabilità, perché gli strati di verità (156) abusati dalla teologia della prosperità ne ingigantiscono insidia e perniciosità.

In ambito evangelico interdenominazionale la risposta a questo allontanamento dalla Verità è stata significativa.  

Innanzitutto, ci sono stati alcuni importanti cenni nei documenti principali contenuti in Dichiarazioni evangeliche I e Dichiarazioni evangeliche II. Col Patto di Losanna del 1974 la chiesa evangelica si espresse affermando che “la salvezza che dichiariamo di possedere ci dovrebbe trasformare nella totalità delle nostre responsabilità personali e sociali” (par. 5) ed incoraggiando “coloro che tra noi vivono in situazioni di benessere ad accettare come loro dovere uno stile di vita sobrio per contribuire più generosamente all’evangelizzazione e all’aiuto dei diseredati” (par. 9). Il Manifesto di Manila del 1989 rincarò la dose: “il nostro pressante appello agli altri a rinnegare sé stessi, a prendere la propria croce, e a seguire Cristo, apparirà plausibile solo se noi saremo chiaramente morti ad ambizioni egoiste, alla disonestà e all’avidità, e se viviamo una vita semplice con allegrezza e generosità” (par. 7). L’Impegno di Città del Capo del 2010, infine, ha dedicato un intero paragrafo (2 e 5) per definire, approfondire e stigmatizzare il cosiddetto vangelo della prosperità.

Ma oltre a quanto presente nei documenti fondamentali di Losanna, è stato tracciato un significativo percorso anche attraverso conferenze e dichiarazioni tematiche: si va dalla Dichiarazione di Hoddedson “Per uno stile di vita semplice” (1980), alle numerose prese di posizione sulla teologia della prosperità (Seul 1994, Akropong 2009, Atibaia 2014).

Questa presa di responsabilità collettiva è importante: se però è vero che non deve essere elusa, essa non è per nulla sufficiente. E qui arriviamo all’utilità di libri come quello di Costi Hinn, Dio, l’avidità e il vangelo (della prosperità), Caltanissetta, Alfa&Omega 2021.  Questo libro può essere definito una testimonianza diretta di prima mano. Non mi trovo d’accordo con tutto quanto affermato perché in alcuni passaggi l’autore forse si allarga a giudizi poco circostanziati verso persone del passato e scrivendo su troppi argomenti dottrinali che non sembra padroneggiare pienamente. Ciononostante, il suo contributo è molto positivo ed utile a smascherare le menzogne sulla prosperità almeno per quattro ragioni.

Per primo, si tratta di una testimonianza diretta e veritiera. Seppure in qualche passaggio sia ravvisabile un atteggiamento reattivo, il suo proponimento di fondo è chiaro e le descrizioni condivise del suo contesto familiare sono in larga misura credibili e nella sostanza incontestate.

In secondo luogo, lo stesso Benny Hinn, avendo nel 2019 (solo in parte) riconosciuto di dover correggere “la sua teologia", perché “le benedizioni di Dio, i miracoli e la prosperità non sono in vendita” ed avendo dichiarato di voler ripudiare specificamente la pratica di chiedere "denaro seme", ha parzialmente confermato la veridicità di molte delle affermazioni del nipote. 

Per terzo va assolutamente superata la “tara” di coloro che pensano che una tale denuncia pubblica sia sbagliata non avendo ottemperato alle indicazioni di Matteo 18:15-20. Infatti Dio, l’avidità e il vangelo (della prosperità) non è la risposta ad un caso del tipo “se tuo fratello ha peccato contro di te”, ma ad un peccato pubblico, collettivo, anzi rivolto a milioni di persone. Il NT in questi casi è categorico ad incoraggiare azioni franche, pubbliche e cristalline (1 Tm 5,20; Ef 5,11).

Infine,questo libro spinge tutti i credenti ad una responsabilità del rendere conto, non limitata ad interlocutori scelti o di appartenenza, ma estesa a tutti senza distinzione precostituite (1 Pt 3,15). In ambito evangelico c’è un enorme bisogno di una tale postura per tenere alta la testimonianza.

Nel titolo Costi Hinn elenca il tema dell’avidità ma esso non sembra essere opportunamente trattato se non nella mera declinazione della teologia della prosperità. Anche l’appendice 2 è su questo punto claudicante e persino il contesto evangelico cui l’autore oggi si riferisce con fiducia, e più in generale il mondo evangelico nordamericano, avrebbero molto da interrogarsi. Mentre sarebbe opportuno che ulteriori sforzi editoriali andassero ad approfondire il nodo trasversale dell’avidità credo sia doveroso rallegrarci che un certo giornalismo investigativo stia sorgendo in ambito evangelico. 

Ad esempio, il sito “The Roys Report” estende le sue inchieste su abusi, trasparenza, deontologia e correttezza finanziaria a tutte le denominazioni, avendone condotte negli ultimi anni alcune molto interessanti su Benny Hinn, Carl Lentz, Hillsongs e Paula White, toccando gravi scandali quali quelli di Ravi Zacharias, Mark Driscoll, Jerry Falwell Jr e Willow Creek, ed avendo eseguito ulteriori inchieste su Matt Chandler, John MacArthur, James MacDonald e molti altri.

Se grazie a Costi Hinn e a questo libro un passo in avanti è stato certamente compiuto, siamo consapevoli che il viaggio evangelico per essere luce del mondo e sale della terra è ancora lungo: sarà necessario in definitiva, ed anche in Italia, l’impegno di ciascuno nato di nuovo in favore della Verità del Vangelo di Cristo.