Verso la Domenica della memoria (IV). Non dimentichiamo i Riformatori italiani

 
 

È vero: più che parlare di Riforma in Italia, si dovrebbe parlare di antiriforma. Sì, perché nel nostro Paese quel rinnovamento religioso e sociale che spirò in altre parti d’Europa non attecchì in Italia a causa di svariati motivi, su tutti l’azione oppressiva della Controriforma cattolica. In un contesto sociale e culturale come quello del Cinquecento molto difficile e ostile, in cui migliaia di persone e famiglie persero tutti i propri beni e scapparono all’estero causa religionis, altri invece pagarono con la propria vita la fedeltà all’evangelo, altri ancora dovettero professare il proprio credo di nascosto, possiamo dire che gli italiani giocarono tuttavia un ruolo decisivo per il consolidamento delle idee riformate in tutta Europa.

Quale occasione migliore quindi, se non quella della Domenica della memoria, di ricordare gli illustri teologi italiani di fede evangelica che contribuirono alla diffusione della Riforma. Il bellissimo libro di Tony Lane, Compendio del pensiero cristiano nei secoli, Modena, Voce della Bibbia 1994 contiene una importante appendice del Prof. Pietro Bolognesi proprio sui Riformatori italiani.

La sezione ricorda Berardino Ochino (1487-1546), il predicatore cappuccino, che fu il primo a predicare in lingua italiana a Ginevra. Venuto a conoscenza con le idee riformate a Napoli grazie al circolo valdesiano (1536), si occupò della chiesa italiana nella Ginevra protestante di Calvino. 

Un altro riformatore italiano fu Pier Paolo Vergerio, il vescovo di Cristo (1498-1565), laureato in legge all’Università di Padova e amico di Vermigli, la sua conversione al protestantesimo avvenne gradualmente, visto anche il suo ruolo di vescovo di Capodistria. Stabilitosi in Svizzera, quindi in esilio, Vergerio continuò la sua attività editoriale e pastorale, oltre alla sua polemica contro la chiesa di Roma. 

In questa breve rassegna, non si può non citare Pietro Martire Vermigli, il pastore del popolo (1499-1562). Fiorentino di nascita, la filologia e gli studi umanistici furono i suoi primi campi di studio all’Università di Padova, per poi imparare l’ebraico a Bologna. Ma è a Napoli, anche lui grazie a Valdès, che da abate della chiesa di S. Pietro d’Aram, venne a contatto con le idee riformate e abbracciò la dottrina della giustificazione per sola fede. Svolse il suo ministero a Strasburgo, a Oxford e a Zurigo come insegnante di teologia. Il suo valore e la sua personalità giocarono un ruolo importante per la chiesa d’Inghilterra nella redazione dei 39 articoli e del Book of Common Prayers. Vermigli diede un considerevole contributo all’affermazione della Riforma in Europa. 

Girolamo Zanchi (1516-1590), l’umanista riformato, era bergamasco e fu avviato agli studi umanistici prima di entrare nell’ordine degli agostiniani. A Lucca seguì gli insegnamenti di Vermigli dal quale fu influenzato profondamente aderendo alla Riforma. Lasciò l’Italia nel 1551, insegnò Antico Testamento a Strasburgo, fu pastore a Chiavenna e insegnò dogmatica alla prestigiosa università di Heidelberg. 

Ad un’altra generazione appartiene Giovanni Diodati (1576-1649), il teologo traduttore. Nato a Ginevra da esuli lucchesi, a soli ventuno anni fu chiamato alla cattedra di ebraico all’Accademia di Ginevra e due anni dopo a quella di teologia. È sua la traduzione della Bibbia in lingua italiana e fu suo compito rappresentare la delegazione ginevrina al Sinodo di Dordrecht (1618-1619) in cui contribuì in maniera considerevole all’affermazione della dottrina ortodossa. 

Per finire, il teologo italiano Francesco Turrettini (1623-1687). Anch’egli parte del gruppo di lucchesi trasferitosi a Ginevra, era nipote di Giovanni Diodati ed ebbe il privilegio di una formazione raffinata che lo mise in contatto con i più prestigiosi centri teologici d’Europa. La sua figura è importante in quanto anello di congiunzione tra il pensiero della Riforma e quello successivo che si sarebbe affermato come pensiero evangelico. La sua più importante opera fu la  Institutio Theologiae elencticae, in corso di traduzione in italiano.

L’Italia non conobbe il radicamento della Riforma, ma questi illustri italiani, insieme ad altri, contribuirono alla riscoperta dell’evangelo in Europa.