L'impegno cristiano in politica, a partire da un libro di Grudem (I)

 
 

Il titolo è ambizioso ma il tema è sempre vivo. Tocca un nervo sensibile della presenza evangelica nella società. Il libro è La politica secondo la Bibbia, Firenze, BE Edizioni 2018 scritto dal teologo nordamericano Wayne Grudem, noto soprattutto per la sua Teologia sistematica, anch’essa tradotta in italiano. Per quanto in qualche caso rispecchi situazioni tipiche degli USA, offre un’interessante riflessione, aiutando a orientare il pensiero su temi quali i valori, la democrazia e la responsabilità cristiana nella società secondo le Scritture.

Grudem individua cinque visioni errate sul rapporto tra cristiani e governo. Eccole: 

A. Il governo dovrebbe imporre la religione

B. Il governo dovrebbe escludere ogni forma di religione

C. Ogni forma di governo è demoniaca e malvagia

D. Bisogna evangelizzare, non fare politica

E. Bisogna fare politica, non evangelizzare

Questi errori soggiacciono nell’approccio di alcuni cristiani. Grudem li analizza ad uno ad uno indicando l’inadeguatezza ed incoerenza di ciascuno alla luce della Scrittura. I sostenitori di queste tesi utilizzano un’ermeneutica biblica non corretta. La Scrittura non va utilizzata citando versetti fuori del loro contesto testuale e storico. Probabilmente, per correttezza e coerenza, non andrebbe tralasciato neanche il concetto dell’analogia della fede oltre a quello testuale che storico. Cioè tutto il consiglio di Dio va tenuto in conto nel leggere i singoli testi. Se si legge la Bibbia prestando attenzione ai testi e ai contesti nell’ottica dell’analogia della fede, ciò che emerge è il riconoscimento del Dio uno e trino rivelatosi definitivamente in Gesù Cristo, Creatore, Provveditore, Giudice di ogni cosa. 

Nessun cristiano negherebbe che Gesù Cristo è il Signore. Ci mancherebbe anche questo. Nella realtà, però, accade spesso che il ruolo regale del Signore morto e risorto ed assiso sul trono alla destra di Dio Padre, detentore di “ogni autorità in cielo e sulla terra”, venga limitato al proprio cuore ed alla propria chiesa di appartenenza. Si tratta di un riduzionismo assolutamente inadeguato. Ogni aspetto della vita, come, ad esempio la famiglia, la chiesa, lo stato, il lavoro, l’economia, la politica ed altro ancora è sotto la signoria del Signore. 

Ai cinque orientamenti indicati da Grudem ne aggiungerei altri due che sembrano essere presenti nel DNA culturale del nostro Paese e che influenzano il comportamento di molti evangelici. Con il primo farei riferimento alle parole che spesso ho sentito e che affermano che il cristiano e la chiesa non si occupano di politica, ma in realtà la fanno in maniera nascosta; nel secondo caso mi riferisco al comportamento secondo il quale il cristiano promette voti in cambio di favori sia per se stesso, per la propria famiglia ed anche per la chiesa, giustificando il comportamento ai fini della testimonianza. In altre parole si tratta di forme di clientelismo che evidenziano comportamenti gravemente immorali.  

Incoerenza, opportunismo e clientelismo sono  mali difficili da estirpare. È inutile lamentarsi dei politici quando sono questi i criteri con i quali si vota e si partecipa alla vita pubblica. Solo la grazia e la crescita nella giusta conoscenza biblica possono estirparli recando guarigione. La nostra identità in Cristo va acquisita, conservata, praticata e mai svenduta. 

Nel capitolo successivo Grudem prospetta una soluzione che dovrebbe invogliare i cristiani a non declinare questo impegno. Un cristiano può ricevere una vocazione per un impegno politico o che la chiesa si senta responsabile di influenzare la politica secondo gli standard morali indicati nella Scrittura. Grudem pone il problema del giusto modo di utilizzare la Bibbia. Riconosce che su certi temi, cosiddetti  secondari, possono esserci comprensioni diverse, ma su quelli fondamentali la Bibbia ha una perspicuità (chiarezza) disarmante. 

Grudem esamina degli esempi  biblici di  uomini e donne, nonché di esempi tratti dalla storia extra biblica, che evidenziano il grande ruolo che la chiesa ha svolto nell’influenzare positivamente decisioni di governo. Si tratta di un mandato vero e proprio che Iddio ha dato alla chiesa e, non a caso, vi sono insegnamenti precisi del Signore Gesù, di Paolo e di Pietro circa lo Stato e le autorità. L’anarchia non si addice ai cristiani, così come il disinteresse per la politica. Ho l’impressione che la chiesa, essendosi dedicata alle sue proprie attività ecclesiali interne, o ripiegandosi su se stessa, pensando che il suo mandato sia solo quello dell’evangelizzazione, con aggiunta di qualche opera di pietà, si sia ghettizzata, tradendo non solo la completezza del mandato ricevuto ma involontariamente cadendo nella trappola di coloro che vogliono che la fede si viva solo nel proprio intimo e nel privato. 

Nel rispetto della sfera propria dello Stato, delle famiglie, delle imprese, ecc., la chiesa ha il compito di annunciare la Parola di Dio e di formare la coscienza cristiana, senza cercare privilegi per sé e senza intromettersi in campi che non sono propri e senza volersi sostituire ad altri soggetti a cui il Signore ha affidato delle responsabilità dirette. Capire e fare proprie la legittimità dell’azione politica e i limiti di essa all’interno della cornice della sovranità delle sfere è un compito molto importante che va sempre rinnovato.

(Continua)