Voi siete il fuoco. Cosa accende la passione per la scuola?

 
 

Estate. Letture per le vacanze. Quest’anno nella scelta di mio figlio, seconda media, i titoli sembrano tutti uguali. Tra questi mi colpisce uno però: Vanessa Roghi, Voi siete il fuoco. Storia e storie della scuola , Torino, Einaudi Ragazzi 2022. Per un’appassionata di scuola la lettura è irresistibile oltre ad essere un’opportunità di confronto con mio figlio. Strana scelta, infatti, la sua. A scuola finita quale ragazzo vorrebbe leggere un libro sulla scuola? Questo è proprio il motivo per il quale l’autrice scrive il libro: per rinnovare l’amore nei confronti di un luogo sempre più odiato dai giovani, almeno in questa parte del globo terrestre, ma anche per dimostrare che la storia della scuola la facciamo noi, con le nostre piccole storie. “Voi siete il fuoco!”.

L’autrice sceglie di narrare la storia della scuola selezionando storie di bambini, mugnai, maestri e filosofi, attraverso un viaggio circolare che parte dalla sua personale esperienza scolastica da bambina, attraversa le epoche e torna nuovamente lì nella scuola elementare di viale Giotto a Grosseto, ma anche nelle scuole italiane di tutti i giorni. Racconta il processo evolutivo della scuola sperando di suscitare nuovi sussulti di cambiamento in quella attuale a partire proprio dai ragazzi. Penso che il libro riesca nel suo intento di incuriosire e forse in qualcuno anche accendere una scintilla di amore per la scuola. Il suo rimando alle fonti va elogiato in un’epoca che ha dimenticato l’importanza di verificare ciò che si apprende. Il libro però apre delle domande, sia sul contenuto sia sul metodo, che offrono ai genitori una grande opportunità di parlare con i nostri figli di scuola, di storia e, in generale, dello scopo della loro vita e del “fuoco di Cristo” che davvero le infiamma tutte.

Ciò che mi ha colpito subito è la selezione operata fin dal principio. L’autrice, ad esempio, fa un salto indietro dalla sua scuola del 1982 a Rousseau e il suo libro sull’educazione Emilio al quale la Rivoluzione Francese diede risalto. Roghi sceglie espressamente di saltare a piè pari tutti i secoli precedenti, durante i quali la scuola era solo cosa per alcuni e far partire la sua ricostruzione storica dal Settecento perché a suo dire è “un secolo che segna veramente l’inizio della nostra storia” (p.31). Usando una metafora afferma che è a quel punto che nasce la pecora che darà la lana per fare la coperta della scuola, perché prima di allora non esiste uno Stato che garantisca una scuola per tutti e le bambine inoltre non sono prese in considerazione “nemmeno in teoria”. A questo punto appare Rousseau, il ribelle, che immagina un’educazione “naturale” tutta nuova.

Ai giovani lettori della Roghi suggerirei di seguire il filo della curiosità stimolato dall’autrice per farsi qualche domanda in più. Davvero partire dal Settecento rende giustizia alla storia della scuola? Prima di Rousseau nessuno aveva parlato di educazione per tutti, anche per le bambine? Nessuno aveva parlato della necessità di costruire scuole popolari?

Rousseau nacque e visse gli anni della sua infanzia e giovinezza nella città di Ginevra, un dettaglio che non può passare sotto silenzio e che da solo ci suggerisce di guardare anche indietro ai secoli precedenti per capire la storia della scuola.

“La città-stato di Ginevra costituisce, agli inizi del Settecento in Europa, in pieno assolutismo monarchico, un raro esempio di governo repubblicano, con un senso elevato della libertà e un forte sentimento etico, di ispirazione calvinista” (R. Tassi, Itinerari pedagogici, vol.2A, Bologna, Zanichelli 1994, p.117).

La storia di questa città-ideale, anche nell’immaginario di Rousseau, è legata a doppio filo alla storia dell’educazione e della scuola, perché essa è uno dei frutti della Riforma Protestante. Mentre alcuni storici guardano alle leggi della Rivoluzione francese per trovare le origini della scuola popolare, “è ai Riformatori Protestanti – a Lutero nel sedicesimo secolo e a Comenio nel diciassettesimo- che deve essere riconosciuto l’onore di aver primi ordinate le scuole popolari. Nelle sue origini, la scuola primaria è figlia del Protestantesimo e la sua culla era la Riforma” (G. Compayrè, The History of Pedagogy, Boston, D. C. Heath & company 1889). Il passaggio “rivoluzionario” dalla scuola d’elitè a quella per tutti la compì la Riforma Protestante e non Rousseau e la Rivoluzione francese.

Come ricorda Tassi essa si estese oltre l’ambito teologico toccando quello antropologico, morale, sociale e civile (p.182). L’istruzione popolare era un’esigenza e un diritto, diremmo oggi, universale dell’essere umano. L’idea poi che le bambine non fossero tenute conto “neppure in teoria” dimentica i proclami di Comenio. Nelle sue opere, Comenio (1592-1671), ben prima di Rousseau e a differenza di Rousseau (che vedeva per le ragazze un’educazione completamente diversa da quella dei ragazzi) scrisse sia a riguardo del metodo naturale sia in favore di una scuola per tutti di ogni ceto e di ogni sesso, ponendo le donne sullo stesso piano degli uomini quanto a dignità, intelligenza e saggezza. Se è vero che il Settecento ha istituito per legge le scuole popolari l’ha fatto grazie al “fuoco” della Riforma e quindi del Dio della Bibbia, che quella Riforma l’ha suscitata nella storia.

Sulla scia dei suoi maestri Carlo Ginzburg e Marc Bloch, il libro è anche un piccolo saggio di metodo storico. Innanzitutto, è un invito ad essere in prima persona costruttori della storia della scuola, interrogandosi sulla propria esperienza, immaginando una scuola diversa e lasciando tracce e fonti del proprio passaggio che gli storici del futuro raccoglieranno (Ginzburg). Ma è anche un invito ad essere storici ricordando la lezione del maestro Bloch: siccome la memoria è spesso imprecisa e a volte persino falsificata, è necessario svolgere un tipo di ricerca storica che dialoghi anche con altre discipline e che utilizzi il maggior numero e tipologia di fonti per arrivare a ricostruire la storia nel modo più ricco, concreto e veritiero possibile. “Per conoscere davvero bene qualcosa bisogna capire il processo che l’ha generato e questo è possibile ottenerlo solo facendo ricerca” (p.148). Riassumendo: Ragazzi, voi siete il fuoco della storia e voi siete gli interpreti della storia!

Ed è proprio su questo punto che si pone l’altra questione che il libro della Roghi presenta ai suoi giovani lettori: il modo di concepire la Storia e di fare ricerca storica. Se il metro di misura della storia siamo noi, che la storia la creiamo e la raccontiamo, non rischiamo di farne e dirne ciò che vogliamo? E se siamo noi il metro di misura della storia che diritto abbiamo di costruire una scuola diversa più di quello che hanno coloro che la scuola la vogliono così com’è ora o in un altro modo ancora? Insomma, qual è il criterio che guida sia la nostra partecipazione attiva alla storia sia la nostra lettura della storia?

Si apre per noi un’opportunità di mostrare ai nostri ragazzi che la storia ha senso di essere vissuta, ricercata, compresa e raccontata non perché noi ne siamo il fuoco, ma perché esiste un Dio che si è rivelato all’uomo nella storia mostrando, per la fede in Cristo, il senso di essa. Il mondo, l’uomo e i fatti della storia umana ricevono il proprio significato da Dio stesso che ne è il Creatore e l’ordinatore sovrano per Sua gloria. È alla luce del mandato divino e della Scrittura che noi siamo chiamati a vivere e interpretare correttamente la storia. La storia non è un semplice processo evolutivo di causa ed effetto. Essa è frutto del volere divino: Egli vede la fine della storia sin dal principio e ne conosce il fine ultimo che ha decretato. Creazione, caduta, redenzione e nuova creazione: ognuno di questi momenti ha valore e influenza la storia, anche quella della scuola, in ogni momento. Non possiamo semplificare la complessità delle vicende umane, né comprenderle completamente, ma possiamo viverle e interpretarle consapevolmente e responsabilmente conoscendone l’Autore e il Principio ordinatore[1].

La microstoria della nostra vita brucia in questa grande storia divina e non si può sottrarre ad essa. Il vero fuoco della storia è Cristo: la sua fiamma è quella che ha “compiuto” la storia, anche quella della scuola.


[1] Per approfondire si veda: C. Gregg Singer, “The Problem of Historical Interpretation” in G. North (ed.), Foundation of Christian Scholarship, Vallecito, Ross House Book 2001, pp. 53-74.