Warfieldiana (III). Studi di teologia N. 65
Il 2021 è l’occasione, tra le altre, di fare tesoro del primo centenario della morte del teologo di Princeton, Benjamin B. Warfield (1851-1921). Warfield è stato l’ultimo esponente della scuola di Princeton, un bastione della teologica evangelica classica, dove sino alla fine dell’Ottocento il manuale introduttivo per i corsi di teologia era l’Institutio theologiae elencticae del lucchese-ginevrino Francesco Turrettini (1623-1687).
In quanto teologo, Warfield è difficilmente catalogabile secondo le classificazioni disciplinari attuali. La raccolta delle sue opere, già pubblicata dalla Oxford University Press tra il 1927 ed il 1932 in dieci corposi volumi, ristampata nel 1981 e tuttora in commercio, è una miniera di sapienza, di rigore e di rilevanza teologica che comprende studi di taglio biblico, dogmatico, storico ed apologetico. La sua prima cattedra a Pittsburgh è stata di Nuovo Testamento, anche se quella della sua maturità teologica è stata quella di “teologia didattica e polemica” al Seminario teologico di Princeton, a testimonianza del fatto che la sua teologia è ricca e non riducibile ad una sola competenza.
Il suo contributo maggiore, tuttavia, è da ricercare nella dottrina della rivelazione che ha visto Warfield cimentarsi con le tesi della scuola liberale tedesca del tempo di cui ha messo in discussione l’antisoprannaturalismo programmatico e la perdita di fiducia nella veridicità degli scritti ispirati. Alla radicale reinterpretazione liberale, Warfield contrapponeva la solidità della teologia riformata classica che non si chiudeva di fronte alle questioni poste dalla critica biblica ma che le affrontava e le confutava a partire da una visione “alta” dell’ispirazione ed in accordo con il patrimonio dottrinale classico della fede evangelica. Per questa ragione, Warfield diede il suo sostegno al movimento fondamentalista d’inizio Novecento in cui si coagulò un fronte molto ampio che, non senza contraddizioni interne, reagì alle posizioni del liberalismo.
Con la sua morte nel 1921 si chiuse un’epoca. A Princeton, dopo di lui, si affermò gradualmente quella tendenza che Warfield aveva strenuamente combattuto, al punto che coloro che si sentivano eredi della “vecchia” Princeton (Gresham Machen su tutti) fondarono a Philadelphia la facoltà teologica di Westminster (1929) dove la linea princetoniana venne portata avanti. La morte di Warfield coincide anche con l’esaurirsi del movimento fondamentalista che aveva animato il secondo decennio del Novecento. A partire dagli anni Venti, il fondamentalismo conobbe infatti un’involuzione che ne irrigidì ulteriormente l’antagonismo culturale e ne ridusse ancor più la piattaforma teologica. Non a caso, in sede storiografica, si è soliti parlare di neo-fondamentalismo per indicare la trasformazione significativa del fondamentalismo originario a cui Warfield aveva aderito, pur denunciandone l’approccio troppo selettivo.
L’onda lunga dell’impatto di Warfield sulla teologia evangelica contemporanea non cessò. Molti hanno visto nella “Dichiarazione di Chicago sull’inerranza biblica” del 1978[1] una chiara impronta warfieldiana sulla recente elaborazione evangelicale. Altri esempi potrebbero essere fatti. Il fatto che le sue opere siano ancora ampiamente lette e studiate mostra come la sua influenza sia viva.
Il fascicolo n. 65 di Studi di teologia comprende i seguenti saggi:
Articoli
- P. Bolognesi, “Un’introduzione alla teologia di B.B. Warfield”
- M. Williams, “La chiesa, pilastro della verità: la dottrina di B.B. Warfield dell’ispirazione”
- L. Dalla Pozza, “Warfield studioso di Agostino e Calvino”
- L. De Chirico, “Warfield e la teologia evangelica del XX secolo”
Documentazione
B.B. Warfield, “Il carattere soprannaturale del cristianesimo [Christian Soprannaturalism, 1896]”
Nota
L. De Chirico, “Il cessazionismo di Warfield e i suoi interrogativi”
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[1] In Dichiarazioni evangeliche. Il movimento evangelicale 1966-1996, a cura di P. Bolognesi, Bologna, EDB 1997, pp. 132-145.