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Warfieldiana (VII): Il Nuovo Testamento ci parla del “Cristo storico”?

In una nazione considerata “cristiana” o anche “post-cristiana”, parlare dell’opera e della persona di Cristo potrebbe essere ridondante. Tutti sanno chi è Gesù. Davvero? La realtà è che su Gesù si concentrano tante nebbie e tante mezze verità che, se sommate, formano delle vere distorsioni. Nell’anno del centenario della morte di Benjamin Warfield (1851-1921), figura di assoluto rilievo nella teologia evangelica contemporanea, riprendiamo il saggio “Il Cristo storico” pubblicato nel 1910 e inserito nella raccolta La persona e l’opera di Cristo, Caltanissetta, Alfa & Omega 2001. Teologo e professore della vecchia Princeton, Warfield ha saputo difendere la persona e l’opera di Cristo e l’autorità della Scrittura dalla coeva critica storica, propria del liberalismo teologico, che tentava di sminuirla e di annacquare quanto da lui stesso compiuto. Rileggere Warfield sulla cristologia a distanza di un secolo è un utile esercizio per capire la posta in gioco del confronto tra la fede evangelica e il liberalismo di allora.

Nel saggio “Il Cristo storico” Warfield risponde a quella schiera di studiosi che affermava che non ci fosse mai stata una persona corrispondente al Gesù Cristo della fede cristiana e che il cristianesimo non avesse avuto alcun fondatore del genere. “L’unica possibilità, se non si vuole ammettere la realtà di un Cristo divino […] è andare al di là di tutta la tradizione letteraria” (p. 37), di fatto “naturalizzando” la sua vita fino a sminuirne tutti i caratteri divini. Per la critica storica del suo tempo, si doveva distinguere l’elemento tradizionale e quello dogmatico, uno narrativo e uno mitico. Partendo da Reimarus (1694-1768) e fino a Strauss (1835-1836) per arrivare a Paulus (1828) la critica storica aveva cercato di eliminare i miracoli di Gesù, trattando i resoconti che li descrivevano come racconti da storicizzare e tentando di spiegare ogni opera miracolosa attraverso evidenze naturali. Tutto questo per ridimensionare il più possibile Gesù a parametri puramente naturali e razionalmente comprensibili. Per Warfield questi metodi critici erano “precari e violenti” ed erano animati da pura soggettività. 

Facendo un passo indietro, Warfield ci ricorda che il cristianesimo non fu un movimento che si spense con la morte del suo fondatore. Piuttosto proprio da quel momento in poi la sua influenza si espanse oltre la piccola regione in cui era nato. Anche gli storici pagani come Flavio, Tacito e Plinio presero a parlare dei “cristiani” come seguaci di “Cristo”, mostrando però una mancanza di notizie e dettagli sul fondatore del cristianesimo. Per ovviare a questo problema, per Warfield bisogna andare agli scritti degli stessi cristiani. Ad esempio, le allusioni a Gesù che Paolo fa sono in armonia con quanto scritto dagli storici pagani e il suo insegnamento ruota intorno a due eventi: la morte e la risurrezione di Gesù, in sintesi tutto l’Evangelo da Cristo annunciato e da lui stesso compiuto. Inoltre, il vangelo di Luca e gli Atti degli apostoli raccolgono molte informazioni sui fatti relativi alla vita di Gesù.

Comparando il lavoro di Matteo, Marco e Luca scopriamo, “che una delle fonti principali alle quali Luca si è rifatto è anche una delle fonti principali di Matteo e, praticamente, la sola sulla quale si è basato Marco. I tre Vangeli sinottici non offrono tre testimonianze indipendenti dei fatti che documentano, ma forniscono forse qualcosa di migliore: tre testimonianze indipendenti della veridicità della fonte che è basilare per tutti e tre, poiché fondata su una testimonianza di prima mano ed assolutamente indipendente” (p. 26). I Vangeli sinottici “forniscono una triplice descrizione di straordinaria affidabilità di ciò che Cristo fece e insegnò. Se questa non è verità storica, allora la verità storica non può essere né raggiunta, né registrata, né tramandata!” (p.28). Insieme ai sinottici, c’è un ulteriore resoconto sulla vita di Gesù cioè il Vangelo di Giovanni che differisce dai sinottici solo per la peculiare dottrina di Gesù che viene esposta, ma in profonda armonia con essi.

Nel suo saggio Warfield ci ricorda che Gesù percorse speditamente la strada che lui stesso aveva scelto. A tempo debito sparse il suo sangue, il sangue del sacrificio del nuovo patto per la remissione dei peccati. Avendo il potere di deporre la sua vita in questo modo, Gesù aveva il potere di riprenderla risuscitando dai morti per sedersi alla destra di Dio Padre. Tutti questi elementi appaiono strani e incomprensibili se si guarda alla vita di Gesù come un semplice essere umano. Ma se la si guarda dalla prospettiva degli evangelisti, allora Gesù acquisisce una corretta veste divina: “la potenza dei suoi ‘ma io vi dico’ non era meno evidente di quella dei suoi “alzati e cammina” (p. 49).

Per Warfield, quindi, il cristianesimo soprannaturale coincide con il cristianesimo storico. Davanti a queste evidenze, la critica storica con cui Warfield si misurò mostrava i suoi pregiudizi anti-soprannaturali. Gli eventi raccontati, le testimonianze plurime e la grandiosa trasformazione che avvenne negli stessi apostoli e di chi ascoltò e vide il Signore Gesù Cristo dimostra la potenza della stessa risurrezione di Cristo. Effetti spirituali unici richiedono una causa spirituale altrettanto unica così come fu la vita del Signore Gesù.


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