Fede e cibo (VII). Disincanto e reincanto del cibo
"C'è un'ombra nel nostro mangiare. La nostra relazione col cibo è diventata disordinata." È da qua che parte il secondo e conclusivo intervento di Andrew Fellows, oratore principale della 35ma edizione delle Giornate Teologiche dell'IFED. Se nel primo intervento si è guardato al cibo in ottica creazionale, mettendo in evidenzia nel mangiare da un lato l'appagamento umano della buona Creazione che l'amorevole provvidenza divina garantisce e dall'altro l'occasione e l'obiettivo di fare comunità e comunione tramite la convivialità, nel secondo intervento si passa decisamente al secondo elemento del paradigma Creazione-Caduta-Redenzione, la Caduta appunto, con una parte conclusiva che vira verso la Redenzione.
Dalla Caduta di Adamo ed Eva, che peraltro si consuma attorno e tramite il cibo, il nostro rapporto con il cibo si è problematizzato. Il cibo proibito è stato presentato (ingannevolmente) come divinizzante, e il cibo proibito è stato consumato sovversivamente. Si è trattato del primo caso di "mangiare male". E questa ha portato noi ad avere una sorta di "disordine alimentare" universale o, meglio ancora, un rapporto disordinato con il cibo.
Fellows illustra tre categorie di persone che rendono plastico il nostro rapporto patologico e disordinato col mangiare: gli ingordi, gli schizzinosi e i fissati. I primi hanno un rapporto ossessivo-compulsivo col cibo fino a esserne dominati; i secondi proclamano una visione manichea del cibo fino a iper-moralizzare il consumo di cibo; i terzi estetizzano il mangiare fino a farlo diventare un atto di culto, con i suoi templi (ristoranti stellati e catene gourmet) e i suoi sommi sacerdoti (chef).
Ma c'è un ulteriore dimensione dell'impatto del peccato sul nostro rapporto col cibo, che peraltro si riverbera anche su altre dimensioni della vita, come la sessualità per citarne una. Questa dimensione ha a che fare con il disincanto. La secolarizzazione ha prodotto una lettura della realtà riduzionistica che è schiacciata sul materialismo: essendo Dio morto l'esperienza del sacro è stata espunta. Leggendo così le cose, anche il rapporto col cibo è "disincantato" non essendovi alcun legame con un Dio Creatore. Tutte le culture che hanno un rapporto col sacro, legano il mangiare con il riferimento diretto alle divinità. Disincantando il mangiare si perde la partecipazione alla bontà di Dio che provvede per il nostro appagamento, e si perde in modi sempre più evidenti la dimensione convivial-communitaria.
Il disincanto della Creazione e del cibo sono evidenti nel modo in cui il cibo è stato ridotto da un lato a merce e dall'altro al suo valore nutrizionale.
Riducendo il cibo a pura merce, trattiamo il cibo come le altre categorie merceologiche e limitiamo il suo valore a ciò è consumisticamente conveniente. Di fatto si rimuove la componente del dono che è creazionalmente intrinseca nel cibo: esso è dono di Dio e della terra. Riducendo il cibo a pura merce, quando lo consumiamo, qualità e bontà entrano in forte competizione con la convenienza; quando lo produciamo, sostenibilità ed equità entrano in forte competizione con la massimizzazione di efficienza e il profitto.
Anche ridurre il valore del cibo al solo apporto nutrizionale finisce per sbilanciare il nostro rapporto col cibo in base alla sua mera funzionalità fisiologica. Per di più secondo parametri e approcci nutrizionali temporanei e non universalizzabili. Parametri e approcci che si susseguono uno dopo l'altro contribuendo a generare ansietà riguardo al consumo di cibo. Ansietà generale che per contro contribuisce all'aumento del numero di disordini alimentari clinici.
Dunque l'ombra gettata dal peccato sul cibo ha l'effetto di mettere disordine nel nostro rapporto con esso ben in profondità. Ma Fellows propone anche di riequilibrare e in un certo senso redimere il rapporto col mangiare, recuperando un giusto modo di apprezzarlo, di goderne e di celebrarlo. E questo passa attraverso atti di reincanto del cibo. Come? Ad esempio ricevendolo con "rendimento di grazie" secondo la lezione di 1 Timoteo 4,1-5. Rendimento di grazie rivolte al Grande Provveditore che è Dio. Nel fare questo impariamo a partecipare del Buon Creato di Dio e al tempo stesso a consacrare il cibo, nel senso di ristabilire anche il nostro mangiare come un atto compiuto davanti a Dio. Questo aiuta a riordinare e a redimere la nostra relazione con il cibo.
Se questo è il take-home di un gustoso intervento come quello di Fellows, tornando a casa dalle Giornate Teologiche mi è chiaramente evidente che accanto al reincanto c'è la necessità di assolvere alla nostra vocazione profetica e regale anche nell'affrontare le ingiustizie sistemiche che la mercificazione del cibo ha comportato. Non è una sfida da poco, né una sfida a un'unica dimensione. Ma anche questo è un modo di restituire al cibo e a noi che ci cibiamo una corretta e giusta relazione che ribadisce la radicalità del Vangelo.
Della stessa serie:
Fede e cibo (I): “Just follow the food” e le Giornate teologiche 2023
Fede e cibo (II): una teologia biblica del pane e del vino
Fede e cibo (III): perché il Levitico proibisce di mangiare alcuni animali?
Fede e cibo (IV). Il cibo specchio della comunità
Fede e cibo (V). Mangiare e digiunare in tre libri
Fede e civo (VI). Che dire delle disfunzioni alimentari?