Identità evangelica in Europa (I). Un tema kafkiano?

 
 

“Kafkiano rimanda a qualcosa di confuso, nebuloso. Non c’è migliore posto di Praga, città natale di Kafka nel centenario della nascita, per parlare dell’identità evangelica in un tempo in cui essa è in discussione come non mai”. Con questa battuta, Jose Moreno Berrocal, coordinatore della Commissione teologica dell’Alleanza Evangelica Spagnola, ha iniziato lo studio biblico su Giovanni 17 che ha aperto la conferenza dell’associazione dei teologi evangelici europei (FEET) che si è tenuta a Praga dal 23 al 27 agosto sul tema “L’identità evangelica in Europa oggi: unità nella diversità”. Fondata nel 1976 a seguito del Congresso di Losanna (1974), quella del 2024 è stata la 25ma conferenza biennale che riunisce teologi evangelici da tutta Europa.


Quest’anno il tema è stato l’identità evangelica in una stagione storica di grandi trasformazioni. In Europa, il cristianesimo nominale decresce, la secolarizzazione si evolve, l’evangelicalismo zoppica e spesso balbetta; ci sono certamente fermenti che esprimono vitalità ma anche crepe e conflitti che minano la stabilità futura del movimento. Siccome la riflessione critica ed autocritica è parte integrante della fede pensante, la teologia può dire qualcosa sulle dinamiche dell’identità evangelica oggi?


Nell’introdurre i lavori, Gert Kwakkel, presidente della FEET, ha affermato che esiste una “identità” (al singolare) che ci definisce come evangelici. Detto questo, vi sono diversi contesti, storie ed esperienze che colorano l’identità evangelica in un modo variopinto. E’ bene tenere in tensione unità e diversità, valorizzando sia i cardini dell’identità che tengono uniti gli evangelici sia gli elementi che li differenziano. Frank Hinkemann, segretario dell’Alleanza Evangelica Europea, ha salutato la tempistica della conferenza: in molti contesti europei oggi, il termine “evangelico” è confuso con un’identità politica di provenienza nord-americana ed è decisivo non cedere a questa o altre letture distorte.

Nel suo saluto, Pavel Cerny, presidente dei teologi evangelici cechi, ha ricordato una frase di John Stott sull’identità evangelica: gli evangelici sono “conservatori nella dottrina e radicali nell’applicazione”. Questa definizione ha senso ancora oggi?


Queste battute iniziali aiutano a situare i lavori della conferenza a cui ha partecipato una settantina di teologi e teologhe da molti Paesi europei. Il primo paper è stato presentato da Hetty Lalleman, anticotestamentarista olandese con una lunga carriera accademica presso lo Spurgeon’s College di Londra, sull’autorità della Bibbia come elemento qualificante dell’identità evangelica. Nel suo famoso quadrilatero, lo storico britannico David Bebbington aveva indicato il “biblicismo” come una dei tratti fondamentali dell’identità evangelica (insieme al conversionismo, crucicentrismo e attivismo).

La relazione con la Bibbia è centrale per apprezzare l’identità evangelica. Nella loro storia, gli evangelici hanno elaborato la loro fede, predicazione, spiritualità, testimonianza, missione, ecc. incentrandola sul rapporto con la Scrittura. Lalleman è partita dalla sintesi evangelica rappresentata nel Patto di Losanna (1974) al punto 2:


Affermiamo la divina ispirazione, la verità e l'autorità della Scrittura, dell'Antico e del Nuovo Testamento nella loro totalità. Essa è la sola Parola scritta di Dio, senza errore in tutto ciò che afferma, e unica infallibile regola di fede e di condotta. 


L’Impegno di Città del Capo (2010) ha declinato questa alta visione dell’autorità biblica in termini personali e narrativi dell’amore per la Parola (per ovviare ad una certa astrattezza) e unendo in modo stretto la sottomissione alla Parola e il vissuto in risposta ad essa (per ovviare ad uno sganciamento tra dottrina e vita). Dopo aver brevemente toccato alcuni sviluppi evangelici recenti della dottrina della Scrittura (A. McGowan, K. Vanhoozer, H. Burger), Lalleman ha concluso citando il grande esegeta evangelico Howard Marshall (1934-2015), tra l’altro per alcuni anni presidente della FEET negli anni Novanta: “la teologia evangelica è al proprio meglio quando viene fatta in uno spirito di fedeltà/lealtà (loyalty) alla Bibbia; così facendo si mette al servizio del rinnovamento della teologia nelle nostre chiese”. Per fare un esempio alto di impegno evangelico verso la Scrittura, Lalleman ha citato il lavoro della Tyndale House di Cambridge, un centro studi fiore all’occhiello della teologia evangelica contemporanea.


Nella discussione seguita, sono emerse alcuni spunti interessanti che a volte rendono “kafkiano” il tema dell’identità evangelica: quale rapporto con il metodo storico-critico che ancora domina nel mondo accademico?, come leggono la Bibbia le comunità evangeliche etniche e di migranti?, come navigare biblicamente le polarizzazioni che si verificano nel mondo evangelico sui temi come la sessualità? A queste domande non ci sono risposte semplici, ma un invito a continuare a praticare ciò che sta al centro dell’identità evangelica: l’ascolto e la sottomissione alla Parola di Dio.


(continua)