La cultura: tutti la vivono e la creano, pochi sanno definirla
Il Belgio è noto per la sua grande minoranza italiana. Per la maggior parte, questa diaspora è il frutto della grande ondata di emigrazione verso il nord Europa che l’Italia conobbe nei primi anni del dopoguerra. Per i primi trent’anni della mia vita, ho vissuto in due regioni belghe con ampie comunità italiane: nei pressi di Mons ad ovest, poi a Liegi ad est. Nelle due regioni era facile trovare un centro culturale italiano. Lì venivano organizzati vari tipi di eventi, quali esposizioni o proiezioni cinematografiche. Fu grazie ad uno di questi centri che potei vedere per la prima volta il film I cento passi oltre vent’anni fa.
Cosa intendiamo per cultura? Ogni giornale ha una sezione dedicata alla “cultura” e di solito essa si occupa di tutti i tipi di arte, come musica, letteratura o cinema. Tutti hanno un’idea di cosa significhi la parola cultura. Sebbene le arti ne siano una parte importante, la cultura è un concetto molto più ampio.
Cosa significa quando sentiamo parlare di cultura italiana, cultura belga o cultura americana? Stiamo parlando solo di arte? Se è il caso, perché troviamo questa parola come suffisso, ad esempio, in agricoltura o orticoltura? Se la cultura riguardasse solo le arti, cosa c’entrerebbero con l’agricoltura? Inoltre, espressioni come “cultura LGBT” o “marxismo culturale” sono sempre più utilizzate oggigiorno. Quindi cosa significa questo ampio concetto di cultura? A questo proposito, il fascicolo “Per una cultura cristiana”, Studi di teologia n. 27 (2002/1), è un utile strumento per un primo approccio alla questione.
La cultura è anche al centro della visione del mondo biblica. Nella Bibbia, il racconto della creazione dell’uomo e della donna come riportato in Genesi 1,26-28 è noto come mandato culturale. Ma la religione non ha nulla a che fare con la cultura, vero?
In effetti, la parola cultura deriva dal latino cultus, una parola che ha anche dato origine alla parola culto. Questo dovrebbe già darci qualche indicazione, perché la parola culto è indissolubilmente legata alla religione. Infatti, cultus significa semplicemente adorazione. Contrariamente a quanto si crede, non solo la cultura è associata alla religione, ma in realtà tutta la cultura è radicata nella religione.
Quale legame può esserci tra religione e cultura? E in che modo l’agricoltura ha le sue radici nella religione?
Il dizionario Treccani definisce la cultura come segue:
Complesso delle istituzioni sociali, politiche ed economiche, delle attività artistiche, delle manifestazioni spirituali e religiose, che caratterizzano la vita di una determinata società in un dato momento storico[1].
Questa definizione sembra stabilire che la religione fa parte di un grande scaffale chiamato cultura sul quale possiamo trovarla a fianco alla politica, all’economia o alle arti. La religione, invece, non è solo un ramo della cultura, ma bensì il vero fondamento sulla quale la cultura è costruita.
Nel suo libro The Mission of God, Joe Boot spiega che la parola cultura deriva anche dal verbo latino colere, che può significare “coltivare il terreno per far crescere le cose”[2]. Se quindi colleghiamo le due parole latine alla radice della parola cultura, cultus e colere, la cultura ara semi, vale a dire idee di base su ciò che è buono, giusto o bello, e le fa crescere per diventare una realtà concreta in tutti gli ambiti della società. È quindi sulla base di queste idee che una nazione si organizza a tutti i livelli.
Tuttavia, le idee riguardanti il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, ecc. sono sempre di natura religiosa. È ciò che l’uomo adora come Dio che genererà queste idee. Ogni attività umana è quindi religiosa. Ecco perché Henri Van Til aveva ragione a definire la cultura come nient'altro che “religione esteriorizzata”[3]. In altre parole, la cultura è un sistema di credenze applicato in tutte le sfere della società.
Le radici religiose della cultura non sono chiaramente evidenti nell’Europa moderna. Queste credenze, che sembrano evidenti per la maggior parte delle persone, possono essere espresse come segue: la ragione e i sensi umani possono capire tutta la realtà, senza un aiuto esterno. L’uomo può quindi interpretare il mondo in modo completamente autonomo.
Queste credenze erano al centro della filosofia dell’Illuminismo. Possono essere riassunte dall’antica espressione greca “L’uomo è la misura di tutte le cose”, che fu ripresa dal filosofo inglese Thomas Hobbes nel Leviatano. Sebbene i filosofi dell’Illuminismo si descrivessero come non religiosi, la loro fede era tanto religiosa quanto la fede in Gesù Cristo. La cultura europea moderna poggia saldamente su questo fondamento religioso, che è chiamato “umanesimo”.
Il cristianesimo biblico denuncia la fede umanista. Attacca quindi la radice della cultura che domina le nazioni europee. La Bibbia descrive efficacemente qualsiasi dottrina contraria alla Bibbia come “dottrine di demoni” (1 Timoteo 4,1).
La cultura cristiana è radicata e plasmata dallo Spirito di Dio. E così, dato che i demoni e lo Spirito di Dio sono radicalmente opposti, la cultura cristiana è radicalmente opposta alla cultura umanista. A differenza del credo umanista, la cultura cristiana non è costruita sulla convinzione che l’uomo sia la misura di tutte le cose. Piuttosto, si basa sul fatto che Dio è la misura di tutte le cose e che l’uomo deve essere totalmente soggetto a Dio e alla Sua Parola. La Bibbia deve definire tutte le categorie, come il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, ciò che ha valore e ciò che non ne ha, ecc.
La cultura cristiana riconosce che il peccato porta l’uomo a definire queste categorie indipendentemente da Dio. Riconosce che l’uomo cerca di sopprimere ingiustamente la verità (Romani 1,21). L’uomo è quindi incapace di interpretare l’intera realtà in modo indipendente. Tutte le sue teorie sull’etica, sulla politica, sull’economia, ecc. sono corrotte alla radice. L’uomo ha bisogno di una rinascita, che è possibile solo attraverso l’opera dello Spirito Santo. La cultura cristiana riconosce che ogni cosa è stata sottomessa a Gesù Cristo (Matteo 28,18). Essa riconosce che Gesù Cristo è la fonte di saggezza su cui può essere costruita la nostra società.
Se la cultura è quindi religiosa, anche tutti i suoi derivati sono religiosi. L’agricoltura, ad esempio, non è un’attività “neutrale”. È praticata sulla base di una serie di credenze su ciò che è giusto o ciò che ha valore. Queste credenze sono in ultima analisi o umaniste (l’uomo è la misura di tutte le cose) o cristiane (Gesù Cristo è la misura di tutte le cose). E il confine tra le due opzioni è ermetico. Semplicemente non esiste un terreno neutrale.
[1] “Cultura”, Treccani (https://www.treccani.it/vocabolario/cultura/, consultato l’8 marzo 2025)
[2] Joseph Boot, The Mission of God: A Manifesto of Hope for Society, Toronto, Ezra Press 2016, p. 368.
[3] Henri R. Van Til, The Calvinistic Concept of Culture, Philadelphia, The Presbyterian and Reformed Publishing Company 1959, p. 200.