Maradona: i due goal della sua vita
Diego Armando Maradona è morto. Il nazionale argentino, uno dei calciatori più amati e seguiti negli anni ’80 e ’90, ricordato come un talento inarrivabile, si è spento all’età di sessant’anni (1960-2020) per un arresto cardiaco. Tutti i quotidiani sportivi internazionali ne hanno dato notizia in prima pagina. L’Argentina ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale. A Napoli, città in cui ha giocato tra il 1984 e il 1991, gli verrà molto probabilmente dedicato lo stadio. Maradona non è stato solo un calciatore di grande talento, ma un’icona della contemporaneità in cui si fondono le contraddizioni di un’intera società.
Per capire Maradona e quello che è stato, basta fare riferimento ad una partita soltanto. Tutti ricorderanno quella partita, per alcuni “la partita” per eccellenza: la finale mondiale nel 1986 tra Argentina e Inghilterra. Quella partita diede a Diego il lasciapassare nell’olimpo delle leggende, dando dimostrazione delle sue doti calcistiche e non solo. Maradona permise alla sua Argentina di vincere la Coppa del Mondo con due goal, uno molto diverso dall’altro.
Uno semplicemente geniale, l’altro furbescamente scorretto. In uno Diego parte da centrocampo, dribbla gli avversari come birilli, resiste alle spinte, calcia con precisione, cade solo dopo essere sicuro che il pallone sia entrato in rete. Nell’altro, volendo arrivare dove la sua statura non glielo permette, alza la mano e fa goal, col pugno questa volta, cosa che nel calcio non si può fare. Eppure, Maradona è entrato nella storia come il “pibe de oro” e la “mano de dios”. Un gol fantastico, un gol scorretto (da annullare).
Argentina-Inghilterra è un’istantanea della vita di Diego. Due goal, uno il più bello di sempre (forse), l’altro da annullare perché viziato da un fallo. Da un lato, il genio di un talento ricevuto; dall’altro, la furbizia malsana che rovina tutto. Maradona è stato la dimostrazione che la grazia comune di Dio è all’opera e che la sua provvidenza a sostegno della stessa creazione è ancora attiva e fondamentale per il piacere degli occhi, per lo svago della mente, per le emozioni del cuore, anche attraverso il gioco del calcio.
Come è tragicamente vero, la bella e apprezzabile creazione viene macchiata e sfigurata dagli effetti di quel problema così interno, profondo, radicato alla natura umana che risponde al nome di “peccato”. Quel tocco di mano ha fatto sì che quanto di buono sia stato fatto grazie alle doti ricevute da Dio sia stato coperto ed inficiato da una grave scorrettezza che ha falsato il risultato finale.
Nella nostra vita abbiamo tutti ricevuto e riceviamo da Dio “ogni cosa buona e ogni dono perfetto” (Giacomo 1,17). Eppure, abbiamo tutti commesso un fallo che ha rovinato ogni cosa, anche se per un tempo ci sembra di essere noi i vincitori. Abbiamo tutti trasgredito le regole fondamentali del gioco della vita e, alla fine, il nostro risultato sarà negativo. L’arbitro di Argentina-Inghilterra non vide il fallo di mano e convalidò la vittoria dell’Argentina. Dio, l’Arbitro per eccellenza, non può essere circuìto e con Lui tutti faremo i conti. Con Lui i falli di mano rimangono falli anche se sono fatti da campioni di calcio. Solo Gesù Cristo, il vero campione del mondo, ha fatto due goal veri, splendidi, corretti, decisivi. Chi è nella sua squadra vince, gli altri perdono.