Modena protestante. Una passeggiata della Riforma nella città emiliana
Da diversi anni, l'Associazione Evangelica Formiginese, in collaborazione con il CIEI, è impegnata a far conoscere nelle scuole di Modena la Riforma Protestante in Europa, in Italia e a Modena. Attraverso il MEMO (Multicentro Educativo Modena), diversi insegnanti di storia si sono avvalsi di questa possibilità. Quest'anno è stato possibile guidare tre classi di un istituto superiore nei luoghi dell'antica Modena che sono stati testimoni del movimento riformatore. Per iniziare è utile un rapido excursus storico.
All'inizio del XVI secolo, dal 1536 al 1571 sotto l'aspetto religioso il piccolo ducato di Modena ha vissuto per 35 anni un'esperienza unica che non si è più ripetuta. I fatti successi in quel periodo, ebbero un tale eco da risuonare nelle cronache dell'epoca e preoccupare seriamente papa Pio V.
Nel 1566 da domenicano intransigente, attraverso l'Inquisizione ("la verga di ferro"), decise di stroncare in modo radicale il variegato movimento riformatore modenese. In questo periodo, a Modena si era formata una delle più organizzate comunità italiane "eterodosse". Una cronaca dell'epoca riportava che: "In tutti i Cantoni, si discute del libero arbitrio e purgatorio... e di tanta peste heretica.. è tutta piena la città per pubblica fama.. infetta, maculata de diverse heresie come Praga". [1]
Sebbene nel 1520 papa Leone X avesse già emanato la sua scominca Exurge Domine contro Lutero, a Modena questo fatto non ebbe effetti negativi immediati, le accuse nei fascicoli giudiziari erano ancora abbastanza generiche. Il movimento riformatore modenese aveva già trovate le tre vie in cui si sarebbe propagato: la predicazione dei frati, la ricerca degli intellettuali e la diffusione semplice, ma contagiosa, nelle botteghe artigiane.
Nel 1536 si formò l'Accademia dei Grillenzoni, un circolo culturale informale di un gruppo di giovani intellettuali. Sotto la loro spinta il Comune di Modena decise di finanziare una pubblica cattedra di greco, le lezioni erano gratuite e aperte a tutti.
Dai classici greci si passò allo studio del Nuovo Testamento, ciò portò l'Accademia a simpatizzare con le dottrine riformate. Fu Ludovico Castelvetro, un suo membro, a tradurre i Loci Communes di Melantone con il titolo I principi de theologia di Ippophilo da Terra Negra. [2]
Va detto che questo gruppo di intellettuali e, una parte del clero, pensarono più alla riforma del cattolicesimo che alla formazione di una nuova chiesa. Gli eventi che seguirono misero fine al loro "sogno", infatti, dopo l'ordine di firmare il "Formulario di fede" imposto dalla bolla Licet ab initio, un modo per ritornare nella "madre chiesa" o dichiararsi suoi nemici, la loro azione riformatrice venne drasticamente ridotta e ciò diede inizio alla loro dispersione.
L'altro fenomeno fu la predicazione di frati itineranti sia nel duomo di Modena che in altre chiese. I soggetti della loro predicazione non erano i concetti astrusi della Scolastica, ma le lettere di Paolo. Le predicazioni riformate di Bernardino Ochino e di Bartolomeo della Pergola, ebbero un grande successo a dimostrazione del bisogno dei modenesi di conoscere le verità bibliche.
Questo interesse per il Vangelo suscitò un certo interesse anche fuori dall'Italia, il riformatore tedesco Bucero scrisse ai fretelli di Modena per complimentarsi della loro testimonianza [3].
Lo stesso vescovo di Modena, Giovanni Morone (nunzio apostolico in Germania e presente al Concilio di Trento), simpatizzò con le idee riformate e, di contrabbando, fece venire da Venezia Il Beneficio di Cristo per distribuirlo a sue spese. Per questo fu inquisito perché considerato "lutherano expresso"!
Anche questo movimento di riforma incontrò una forte opposizione, da un lato papa Paolo III incaricò il clero locale di porre fine alle "dottrine luterane", dall'altro il duca estense, messo sotto pressione, fu costretto a prendere le difese dell'ortodossia cattolica. La predicazione dei frati "dissidenti" fu vietata, ciò provocò la loro fuga, ci furono arresti che pose fine ad ogni dissenso all'interno della chiesa di Roma.
Infine, nonostante questa persecuzione, non tutti furono disposti a rinunciare alla loro fede. Infatti, si formò una comunità chiamata "dei fratelli", composta quasi esclusivamente da persone di varie estrazione sociale e da una percepibile presenza femminile.
Si riunivano di nascosto in case private e nelle botteghe per leggere la Bibbia e "ragionare di fede". Anche se ristrette a pochi membri per volta, le riunioni erano organizzate in forma di veri e propri culti, con la celebrazione, in alcuni casi, della Cena del Signore. La condizione di clandestinità li aiutò a sentirsi tutti partecipi della stessa comunità.
Non sembra che queste comunità siano arrivate ad elaborare una confessione di fede chiara e compiuta, per cui rimane aperta la questione se si possa parlare di una chiesa alternativa o di un movimento che non ebbe lunga vita.
Infatti, dal 1566 su queste comunità si fece sempre più forte la repressione dell'Inquisizione che, in 4/5 anni, portò alla loro estinzione. Grazie ai fascicoli giudiziari conservati nel "Fondo dell'Inquisizione" custodito presso l'Archivio di Stato di Modena, si è venuti a conoscenza della consistenza numerica di queste comunità, del tipo di processi e le pene che subirono.
Nel 1567, a Modena fu impiccato e poi arso Marco Magnavacca, a chi si autodenunciava facendo i nomi dei membri delle comunità venne concesso l'indulto.
Anche se negli ultimi decenni siano state pubblicate diverse opere su questo periodo storico, forse sono molto pochi i modenesi che conoscono questo tratto della loro storia. Le iniziative dell'Associazione Evangelica Formiginese hanno lo scopo di recuperare questa breve storia perché essa ha senso nella grande storia del Cinquecento italiano.
E' importante che questi studenti conoscano che nella loro città ci sono state molte persone che per la loro fede hanno lottato e subito gravi conseguenze. Anche oggi la libertà di religione non può essere una concessione facoltativa del potere politico o religioso, ma è basata sulla dignità intrinseca di tutti gli esseri umani perché è un diritto umano universale inalienabile.
Come afferma la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: “Non spetta al governo concedere o negare tale libertà, ma piuttosto la sua responsabilità consiste nel garantirla e custodirla”. Anche i modenesi di oggi sono chiamati sia a comprendere la fede che animò e diede forza agli "antichi modenesi", sia perché la libertà che vivono va salvaguardata perché non è garantita sempre.
[1]: Per la storia di questo periodo cfr. I. Bitassi, I protestanti di Modena (1536-1571), Modena, Edizioni il Fiorino 2010.
[2]: S. Caponetto, “Due opere di Melantone tradotte da Ludovico Castelvetro”, Nuova Rivista Storica LXX (1986).
[3]: M. Firpo, Riforma protestante ed eresie nell'Italia del Cinquecento, Bari, Laterza 1993, pp. 37-38.