Olimpia Morato (1526-1555): la poetessa appassionata del Vangelo
“Uno dei più rari e bei fiori del Vangelo in Italia”: così è stata descritta la vita di Olimpia Morato (1526-1555), poetessa, letterata e donna della Riforma protestante. Nella vita di questa donna è visibile la riscoperta di una fede personale, la vocazione letteraria come mezzo per glorificare Dio, la valorizzazione del matrimonio e il cambiamento dei rapporti tra i sessi all’interno dello stesso. Tutto questo, e ben altro, fu sperimentato nella breve ma intensa vita di Olimpia.
Purtroppo, non sono molte le opere giunte fino a noi di questa letterata rinascimentale. Infatti, molti dei suoi scritti, poesie e lettere andarono persi nel contesto delle guerre che si scatenarono per motivi religiosi (e non solo) dopo la Riforma. La sua morte prematura, avvenuta a 29 anni, non le consentirono di continuare.
Nata a Ferrara nel 1526, Olimpia si distinse da subito per le sue capacità e, aiutata e stimolata da suo padre, umanista ed insegnante di grammatica presso la corte estense, all’età di 13 anni era già in grado di recitare Cicerone in latino. Quando furono costretti a trasferirsi a Vicenza per un dissenso con il duca di Ferrara, il padre Fulvio fondò una vera e propria cellula calvinista. Qualche tempo dopo, la sua fama di ragazza-prodigio spinse la duchessa Renata di Francia, anch'essa vicina alle idee della Riforma protestante, a invitarla alla corte di Ferrara come compagna della figlia Anna.
Qui si dedicò agli studi classici e la sua passione per le lettere crebbe enormemente. Olimpia dovette però interrompere i suoi studi nel 1548 per assistere il padre il quale, gravemente malato, morì quell'anno stesso. Non ottenne di tornare a frequentare la corte ferrarese essendo, probabilmente, uno dei bersagli della lotta del duca Ercole II per allontanare l’eresia dall’entourage della moglie. Infatti, scrisse all'amico eterodosso Celio Secondo Curione, “[...] se fossi rimasta a corte, avrei messo a repentaglio la mia salvezza: non mi era più possibile leggere né l'Antico né il Nuovo Testamento; così ho cominciato a desiderare di partire per quella casa celeste in cui è più rallegrante abitare un solo giorno che mille anni in queste corti di principi, e così me ne tornai agli studi di teologia”.
Olimpia cominciò a considerare l’amore per lo studio e le lettere un modo per glorificare Dio. Nel comporre un dialogo in cui la sua interlocutrice era l’amica Lavinia della Rovere, confessò il suo essere stata lontana dalla vera fede nella prima parte della sua formazione avendo considerato lo studio fine a sé stesso, ma di aver poi capito che poteva mettere al servizio del Signore i suoi talenti.
“[Dio] mi diede queste inclinazioni, queste brame, quest'amore ardente per lo studio dal quale niente mai poté distogliermi. Quest'Iddio grande è invero il più eloquente degli oratori. Egli persuade senza parola, egli volge le menti come a lui piace e le conduce a suo beneplacito. Nulla opera a caso, ma tutto dispone con infinita saviezza. Sieno i miei deboli talenti rivolti alla sua gloria! Non soravvi per me più bella ricompensa! ... O Dio! Inesausta sorgente di misericordia e di amore, dammi sapienza ch'è compagna della tua gloria! Ascrivimi nel numero delle tue serventi, perciocché io voglio a Te solo appartenere in questo breve numero di giorni che Tu m'hai assegnati sulla terra".
Anche il suo matrimonio fu diverso da quello di molte nobildonne della sua epoca. Sposò il medico tedesco Andreas Grunthler per amore, con il quale condivideva la fede riformata, dopo averlo incontrato alla corte estense. Il loro matrimonio però fu messo in pericolo dal clima di crescente intolleranza religiosa in Italia al punto che Andreas fu costretto a tornare in Germania per cercare lavoro e riparo. Dopo avere trovato una sistemazione adeguata come medico di famiglia del consigliere del re Ferdinando di Boemia, poterono ricongiungersi in Germania.
In questi anni Morato si dedicò totalmente allo studio della Bibbia e della teologia, tradusse in greco sei Salmi, che il marito poi mise in musica ed ebbe intensi rapporti epistolari anche con i riformatori del tempo. La raccolta postuma delle sue lettere evidenzia i temi da lei trattati ed approfonditi: la dignità femminile, la fuga religionis causa, l’elogio della vera chiesa martirizzata, la necessità della predicazione della veritas insita nel Vangelo, e l’Anticristo identificato con il papa.
La sua fede personale, e le convinzioni che come famiglia portavano avanti, vennero fuori in modo evidente quando il marito ricevette un’allettante proposta di lavoro da parte del "cattolicissimo" Ferdinando d'Austria. Nonostante si trattasse di un’opportunità di migliorare la propria posizione sociale, Olimpia rifiutò con queste parole: "Apprezziamo molto la vostra generosa offerta e saremmo lieti di accettare, se non ci fossero ostacoli. Voi dovete sapere che noi militiamo sotto la bandiera di Cristo e non possiamo tradire ... Ho seguito mio marito oltralpe e sarei felice di viaggiare per terra e per mare, perché ogni terra è la nostra patria, purché non ci vengano imposti i riti romani".
Nel 1553 la situazione di Schweinfurt divenne molto pericolosa a motivo delle guerre che devastavano la Germania. La città subì un incendio nel quale andarono persi tutti i beni della famiglia, compresa la biblioteca di Morato e i suoi scritti originali. Insieme con il marito fuggì e, nonostante la precarietà, Olimpia si rimise in contatto con Vergerio per chiedergli di tradurre il Grande catechismo di Lutero, che sarebbe stato di grande utilità "ai nostri italici, specialmente alla gioventù".
La sua salute fu minata dai mesi di assedio, dalla precarietà e dalle difficoltà della guerra e morì di tubercolosi il 26 ottobre 1555 all'età di 29 anni lasciando una profonda eredità spirituale a tutti noi che possiamo considerare la profondità dei suoi scritti.