Paolo e la sua eredità (III): per grazia, in Cristo, a tutto il mondo
L’apostolo Paolo è stato un grande ed infaticabile annunciatore di un messaggio che ha sconvolto il mondo. La sua figura ed i suoi scritti affascinano ancora e fanno discutere. Senza ombra di dubbio Paolo è una delle personalità più influenti della cultura occidentale. Ci sarebbero stati Agostino e Lutero e Pascal e Max Weber senza di lui? L’arte sarebbe stata la stessa? Il cristianesimo avrebbe avuto lo stesso impatto? Il mondo sarebbe uguale?
Il giudizio su Paolo, tuttavia, non è sempre stato positivo. Solo per rimanere a pochi esempi contemporanei, per Nietzsche, Paolo è stata una delle più grandi tragedie per l’Occidente avendolo egli avvelenato con le sue frustrazioni di uomo insicuro, dominatore e violento, difensore di una divinità che va contro l’uomo. Per Freud, Paolo è tra i principali artefici della fobia collettiva dell’Occidente, perché spingerebbe i cristiani ad amare la comunità cristiana e ad essere intolleranti verso chi sta fuori. Per Kahlil Gibran, poeta libanese, mentre Gesù voleva armonizzare l’umanità con quanto la natura ha di bello e di vivo, Paolo è stato nemico della vita e della gioia, schiavo di leggi e prescrizioni. Paolo ha influenzato anche il mondo del cinema. Pier Paolo Pasolini ha scritto un film sulla figura dell’apostolo, con l’obiettivo di mostrare un Paolo che vive il dramma di un’anima scissa tra santità (libertà, interiorità, gioia) e sacerdozio (potere, schiavitù, moralismo). Nel corso del tempo ci sono stati molti tentativi di utilizzare Paolo senza veramente capirlo.
Qual è l’eredità di Paolo? Su questa domanda si sono cimentati fior di specialisti. Solo per rimanere a quelli contemporanei, si pensi a E.P. Sanders, N.T. Wright, James Dunn, Tom Schreiner, Mark Seifrid; in Italia a Giuseppe Barbaglio, Romano Penna, Antonio Pitta, Stefano Romanello e tanti altri. Come si può riassumere l’eredità di un simile gigante?
Una grazia sconvolgente. Nei sistemi religiosi, compreso quello del giudaismo del secondo tempio in cui Paolo è stato educato, il rapporto con Dio era regolato da un codice di comportamento con cui negoziare il favore della divinità. Con varie sfumature, questa è la matrice religiosa che si presenta in modo fenomenologicamente diverso nel mondo antico e anche in quello moderno. Cogliendo in pieno l’insegnamento dell’Antico Testamento alla luce della persona e dell’opera di Cristo, Paolo sottolinea la “novità” del cristianesimo. La grazia di Dio non è una “cosa” da contrattare, ma è Dio stesso che in Cristo si dona per la salvezza di chi crede. È per grazia che si è salvati, e ciò non viene dall’umanità “naturale”: è il dono pattizio di Dio che rifonda la vita e la rilancia. La grazia di Dio suscita la risposta ma non è anticipata o regolata da altro. Èun dono. La vita è un dono. La salvezza è un dono. La chiesa è un dono. Il lavoro è un dono. Il prossimo è un dono. Persino la morte può essere vissuta come qualcosa di “migliore”. L’aver smontato il meccanismo religioso della partita doppia e aver testimoniato ed insegnato la stupefacente grazia di Dio è un’eredità straordinaria della sua missione.
Tutta la vita “in Cristo”. “In Cristo” è una espressione idiomatica per Paolo. È la chiave di lettura per ripensare la vita, la morte, il tempo e l’eternità. Tutto avviene “in Cristo” e avverrà per Cristo, in vista di Lui, per Lui. Senza ombra di dubbio per Paolo una vita di fede deve essere totalmente e completamente sottomessa a Cristo: il pensiero, l’etica, gli affari, la preghiera, la vita e la morte. Paolo annuncia e dimostra che la fede, la condotta, il lavoro, la vita, la comunità cristiana, la riconciliazione, insomma tutto è vissuto “in Cristo”, niente escluso. La fede cristiana spinge a vivere ogni circostanza avendo Cristo al centro, sempre e comunque.
L’evangelo per tutto il mondo. Cittadino romano, evangelizzatore, fondatore di chiese, fabbricatore di tende. A Paolo si possono dare tante qualifiche e tanti appellativi. Quello che però lo ha contraddistinto è “apostolo delle genti”: un mandato non facile quello di annunciare il messaggio dell’evangeloin contesti diversi da quello giudaico:multietnici, con usi e costumi, lingue, consuetudini varie. Paolo è l’anello di congiunzione tra la particolarità della fede d’Israele e l’universalità dei propositi di Dio per tutto l’universo. In quanto “apostolo delle genti” Paolo ha dato dimostrazione che il messaggio evangelico non può essere contenuto in confini geografici particolari né limitarsi ad un solo popolo, ma è per tutti e tutto. La valenza del messaggio di Dio è cosmica perché Dio nella sua volontà sovrana crea un solo popolo, cioè i credenti, fra tutti i popoli, cioè le nazioni del mondo. La nuova umanità in Cristo abbraccia gente di ogni lingua, razza e tribù.
Chi può dire oggi di aver assimilato e di interpretare questa grandiosa eredità?