Se Dio è buono perché giudica?

 
 

Diverse volte mi sono trovato a presentare la realtà del giudizio finale con il quale ogni persona dovrà fare i conti. La reazione è stata l'indifferenza, oppure sentirmi una mosca bianca che crede ancora a certe cose. "Dopo la morte è finito tutto! Godi adesso la vita perché dopo sarai mangiato dai vermi.... Credi ancora all'inferno e al diavolo?!".


Il tema del giudizio finale è sparito del tutto non solo nell’immaginario collettivo, ma anche in tante facoltà di teologia, chiese e pulpiti. Questo non è il caso del recente libro di Thomas Schreiner The Justice and Goodness of God: A Biblical Case for the Final Judgment Wheaton, Crossway 2024. L'autore, professore di NT al Southern Baptist Theological Seminary di Louisville (USA),  offre un'analisi biblica completa della punizione eterna, affermando che: "Il giudizio finale non contraddice la bontà di Dio, ma la verifica e la mostra". Esamina i temi del peccato, della morte e della redenzione presenti in tutta la Scrittura.


Schreiner parte da una considerazione ovvia nell'esperienza di ogni società. Se si esclude la necessità del giudizio, la convivenza sociale non sarebbe possibile. Immaginiamo di guidare in un Paese dove non ci sono segnali stradali e regole, cosa succederebbe? Oppure, una società in cui omicidi e stupri non hanno conseguenze per chi li commette? Quando si tende a pensare che il giudizio sia una cosa negativa, in realtà, dà ordine e struttura alla vita e permette di vivere in sicurezza. Senza giudizio, i concetti stessi di giusto e sbagliato, di bene e male sarebbero privi di significato. Se non c'è giudizio, allora non c'è nemmeno giustizia.


Se penso alla cultura italiana dove, per anni, siamo stati abituati ai condoni edilizi, a quelli fiscali (stralcio delle cartelle!), al "chiudere un occhio", al compromesso di ogni genere. Per non parlare del perdono facile dei propri peccati ora, e a quello dopo in purgatorio gestito dal "potere sacramentale" della chiesa di Roma, è diventato parte del DNA italico pensare in modo "debole" all'idea della necessità di regole e del giudizio.


Non solo, l'idea del giudizio finale e dell'inferno, da un punto di vista emotivo è qualcosa di molto difficile da affrontare. Spesso si preferisce non pensarci perché è troppo orribile immaginare un tale stato per l'eternità. Mi chiedo se anche i credenti che amano la Bibbia, pur non negandolo, cercano di evitare questo tema.


Come evangelici, anche se il giudizio eterno non è l'unica e primaria motivazione per parlare del Vangelo, è tuttavia un aspetto importante del suo messaggio. Perché dovresti essere salvato se non ci sarà un giudizio finale? Da cosa si è salvati?


Non solo, evitare questa realtà significa predicare un altro "vangelo", e far credere che tutto andrà bene. Ma questo è il mantra della nostra cultura. Non importa se le persone siano credenti o non credenti, quando muoiono, si sente dire: "Hanno finito di soffrire ora stanno meglio... Sono in un posto migliore... Sono lassù che ci guardano".


D'altra parte, spesso, chi pensa al giudizio finale, è più incline a chiedersi come sarà l'inferno, quanto durerà, se la punizione è davvero commisurata al crimine... Nel suo libro, prima di affrontare la questione del giudizio, Schreiner inizia da Dio. "Senza Dio, l'inferno non ha alcun senso... dobbiamo riflettere su chi è Dio. E la prima cosa che possiamo dire è che Dio è infinitamente santo, infinitamente giusto, infinitamente retto e infinitamente puro".


In altre parole, l'inferno non avrebbe molto senso finché non consideriamo Dio nella sua santità, senza questa reale comprensione la punizione eterna non può essere giustificata. Se Dio è solo quel bonaccione che sta lassù (vedi i famosi dialoghi di don Camillo con il crocifisso!), l'inferno sembrerà una reazione eccessiva. Ma poiché Dio è infinitamente santo, e il peccato è un'offesa infinita contro un Dio santo, allora l'inferno ha senso. E' evidente che spesso non comprendiamo appieno il peso del nostro peccato.


Un testo come Romani 3,21-26 (non solo), non si chiede perché Dio manda qualcuno all'inferno, ma come può Dio mandare qualcuno in paradiso? Ciò dimostra quanto siamo antropocentrici nella nostra concezione di Dio e del giudizio finale.


L'altro tema che Schreiner affronta è l'universalismo, l'idea che alla fine tutti saranno salvati, non perché necessariamente lo meritino, ma perché l'espiazione di Cristo è stata efficace per chiunque. Schreiner lo affronta prima di tutto da un punto di vista esegetico. Ci sono tanti testi che parlano del giudizio finale; come spiegare le parole di Gesù a Giuda: "Sarebbe meglio se tu non fossi nato"? Che senso avrebbe questa condanna se la salvezza di Giuda era già assicurata? Non solo, tutti gli avvertimenti e le pronunce di giudizio finale presenti nel Nuovo Testamento sarebbero in un certo senso inutili o falsi. Perché mai evocare il giudizio finale se nessuno lo sperimenterà davvero?


Accanto al giudizio finale, va sempre ricordato che la santità di Dio non è mai separata dalla sua misericordia. La giustizia di Dio non è vendicativa, arbitraria o capricciosa. Egli desidera ardentemente mostrare misericordia, invitando le persone a pentirsi, dando loro il tempo di tornare a Lui. Questo è possibile solo perché il Signore Gesù ha preso su di Sé la punizione che ogni persona, a causa del suo peccato, merita. Nella morte di Gesù, Dio ha mostrato perfettamente la sua giustizia e il suo amore. "Io provo forse piacere se l'empio muore?», dice il Signore, Dio. «Non ne provo piuttosto quando egli si converte dalle sue vie e vive?" (Ezechiele 18,23).