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Una nuova era tra evangelici e cattolici?

Per rispondere alla domanda occorre avere uno sguardo d’insieme storico e teologico. Altrimenti si rischia di appiattire tutto a qui ed ora. Questa preliminare osservazione di metodo è valida in generale, ma ancor più nei confronti dell’analisi del cattolicesimo che è un’istituzione che vanta millenni di storia e ha un suo portato dottrinale, istituzionale e culturale.

Il cattolicesimo deve essere valutato con macro-categorie in grado di tenere insieme il numero più ampio possibile di elementi. Non facendo così, si farà una raccolta di frammenti, di pezzetti di cattolicesimo, ma si fallirà nel percepirne le dimensioni, la profondità, gli addentellati e la progettualità. Una valutazione “spirituale” non può prescindere dalla consapevolezza che stiamo trattando di un sistema che è fatto sì di persone, ma persone dentro un disegno caratterizzato da una storia, una dottrina, un legame sacramentale, una politica, una finanza, una pietà popolare, una pluralità di spiritualità, ecc. tutte però connesse ad un centro istituzionale e ad un cuore teologico.  

Per parlare di una “nuova era” bisogna essere consapevoli che il cattolicesimo ha una sua lunga traiettoria fatta di alcune ere qualificanti. Ecco una breve sintesi:

 

L’era del cattolicesimo imperiale.

Dopo la svolta costantiniana il cattolicesimo ha conosciuto un’accelerazione verso la trasformazione in un impero religioso, forgiato nel calco istituzionale dell’impero e animato da un’ideologia imperiale. Sulle ceneri dell’impero romano, è spuntata la chiesa imperiale che ha assunto un assetto istituzionale piramidale rivestendolo di linguaggio e simboli cristiani. La hubris imperiale del cattolicesimo romano (cioè il suo voler essere sia chiesa sia stato) è il suo peccato originale che non è mai stato messo seriamente in discussione, men che meno rintuzzato. L’ortodossia del cristianesimo antico è stata via via dilatata nel tentativo di assimilare nuove credenze e nuove pratiche, facendo diventare la fede cristiana spuria e contraddittoria. La volontà di rappresentare tutta l’umanità ha fatto spostare il punto d’ingresso nella chiesa dalla conversione a Cristo al battesimo amministrato dalla chiesa arrivando a costituire una chiesa di battezzati, non di credenti. La Rivelazione biblica è stata di fatto relativizzata rispetto peso crescente della tradizione della chiesa. La chiesa è diventata una chiesa nominale fatta di battezzati non necessariamente credenti. La grazia di Dio è stata presa in amministrazione da un’istituzione religiosa che si è arrogata il potere di dispensarla attraverso il sistema sacramentale. L’era imperiale ha dato luogo ad un DNA imperiale che il cattolicesimo non ha mai svestito. In questa era tutti i movimenti di rinnovamento biblico sono stati o combattuti o assimilati mediante una politica dell’addomesticamento all’ideologia imperiale. Nicchie di spiritualità diverse sono state scavate in modo da risultare inoffensive e devitalizzate rispetto al mantenimento dello status quo.

 

L’era del cattolicesimo oppositivo

La seconda grande età è stata quella controriformistica, incardinata su due momenti centrali: il concilio di Trento (1545-1563) e il Vaticano (1869-1870). Una lunga traiettoria contrassegnata da una tendenza dottrinaria, abrasiva, ottundente ed interessata ad affermare la centralità e la superiorità della chiesa. E’ l’età in cui si forma la dottrina cattolica moderna basata sulle prerogative della chiesa in quanto alter Christus; è l’età in cui si articola la dottrina delle due fonti della Rivelazione: la Scrittura e la tradizione; è l’età in cui si eleva la chiesa a soggetto di diritto divino. Di fronte alla Riforma protestante che invitava a svestire i panni autoreferenziali e a riscoprire il vangelo della grazia di Dio, Roma ha irrobustito un sistema sacramentale che rendeva la chiesa la mediatrice della grazia divina. Di fronte alla modernità che spingeva per rivedere le prerogative della chiesa sulle coscienze e sulle società umane, Roma ha elevato la sua principale istituzione (il papato) ad un ruolo ancor più accentuato, oltre a dogmatizzare alcune credenze mariane prive di sostegno biblico. Questa ritrovata gagliardia identitaria ha dato luogo anche all’espansione missionaria del cattolicesimo e allo sviluppo di spiritualità all’insegna del misticismo e del marianesimo. 

 

L’era del cattolicesimo morbido ed avvolgente

Il procedimento per opposizione ha portato il cattolicesimo a isolarsi e a marginalizzare il suo ruolo. Il cambio è avvenuto al Vaticano II (1962-1965). La nuova era è iniziata lì quando invece di schierarsi contro il mondo moderno, Roma ha cambiato strategia scegliendo di assimilarlo, di penetrarlo da dentro senza cambiare nella sostanza. Ecco che allora ha adottato la modalità dell’“aggiornamento”: un adeguamento senza riforma strutturale, un’annessione senza nessuna perdita e nessun costo, un’ espansione del sistema senza purificazione, uno sviluppo senza rinnegamento della tradizione, un continuo addizionare senza sottrarre niente. Vittorio Subilia ha parlato giustamente di “nuova cattolicità del cattolicesimo”. Una diversa postura, un nuovo stile, un nuovo linguaggio. In tutte le direzioni però: nella direzione del liberalismo teologico, dando cittadinanza alla lettura critica della Bibbia e ad un universalismo della salvezza; nella direzione evangelica, imparando il codice linguistico della spiritualità evangelicale (il rapporto personale con Cristo, ecc.); nella direzione del marianesimo, del tradizionalismo, dell’ecumenismo, ecc. Una cattolicità espansiva a 360° gradi, sempre mantenendo le strutture imperiali (sicuramente rese meno appariscenti ma pur sempre presenti), sacramentali, gerarchiche, devozionali, tutte imperniate su un’ecclesiologia abnorme, dilatata, e sui capisaldi della dottrina tradizionale.

La domanda per noi

Senza citarlo spesso, papa Francesco incarna la cattolicità del Vaticano II: dialogante, misericordiosa, attrattiva, ma senza alcun costo dogmatico, teologico e spirituale. Rimane l’impianto imperiale e controriformistico delle età precedenti, solo “aggiornati” alle nuove esigenze del mondo globale contemporaneo. Parla la lingua evangelica, ma anche quella ecumenica, inter-religiosa, secolare, tradizionale. Sembra avvicinarsi a tutti senza muoversi veramente. Sembra andare incontro a tutti senza spostarsi granché. E poi, il fatto che tutti (dai laici ai musulmani passando per i protestanti liberali ed evangelicali) lo considerino vicino a loro deve far sorgere l’interrogativo se sia veramente prossimo ad alcuno. In altre parole, la strategia del “poliedro” sembra essere lo strumento della cattolicità che affonda le sue radici nel Vaticano II e che la realizza: tutti devono relazionarsi con una chiesa romana che ha leve di varia lunghezza per raggiungere tutti senza spostare il suo baricentro. Roma ha ormai raggiunto un equilibrio omeostatico così ben oliato da poter giocare su più tavoli contemporaneamente senza alterare l’assetto complessivo.

In questo clima, alcuni sostengono che la Riforma sia sostanzialmente finita perché è cessato il cattolicesimo oppositivo che la respingeva. Il cattolicesimo ha allargato la sua sintesi e ha fatto spazio anche alle istanze della Riforma, spuntate però del loro carattere dirompente e piegate alle esigenze di co-esistere, con-vivere, stare accanto con altre istanze opposte all’evangelo all’interno di un sistema cattolico ancor più eclettico e plurale ma pur sempre romano e papale. Il cattolicesimo aggiunge sempre posti a tavola, allunga sempre il menù offerto, variega sempre più i codici, per adempiere la sua vocazione di unire il mondo dentro la rete della cattolicità e sotto la giurisdizione effettiva o d’onore di un capo.

Nella nuova era della cattolicità avvolgente si troverà una nicchia per gli evangelici che hanno fatto pace con le strutture imperiali della chiesa di Roma e con la sua teologia abnorme non ponendo più un’istanza di riforma complessiva secondo l’evangelo, ma accontentandosi di poter integrare la propria spiritualità dentro un sistema più fluido ma ancora vertebrato che è aperto programmaticamente a tutto e al contrario di tutto. Il criterio del sistema non è l’evangelo di Cristo, ma una versione dell’evangelo garante del disegno universalista e romanocentrico del cattolicesimo.

La nuova era tra evangelici e cattolici pone di fronte ad una domanda antica e che ogni generazione di credenti deve porsi: la chiesa di Roma può essere rinnovata secondo l’evangelo da dentro o si deve  immaginare un superamento, un oltrepassamento della stessa in nome dell’evangelo? La chiesa di Roma, con il suo gravame di dogmi irriformabili, istituzioni imperiali, progetti di cattolicità onnivora, è impattabile dall’evangelo nel suo cuore propulsore? A questa domanda sono state date risposte diverse: Francesco o Pietro Valdo, Gasparo Contarini o Pietro Martire Vermigli, John Henry Newman o Charles Spurgeon, il Vaticano II o il Patto di Losanna. In altre parole: l’evangelo è solo un’opzione tra le tante possibilità o è il “sì” radicale alla Parola di Dio che dice “no” a tutte le forme di idolatria?  Una chiesa, qualunque essa sia, può essere programmaticamente aperta ad un ventaglio di offerte o, se vuole essere tale, deve essere fondata esclusivamente sull’evangelo biblico?

Detto questo, la teologia evangelica ha gli strumenti per tenere il punto dell’evangelo senza scadere in atteggiamenti settari e spiritualmente autistici. Come afferma il documento “Orientamenti evangelici per pensare il cattolicesimo” (1999)[1]:

12. Ciò che si riferisce alla chiesa cattolica nella sua configurazione dottrinale ed istituzionale non è necessariamente estendibile a tutti i cattolici presi nella loro individualità. La grazia di Dio è all'opera in uomini e donne che, pur considerandosi cattolici, si affidano esclusivamente al Signore, coltivano un rapporto personale con Lui, leggono la Bibbia e vivono cristianamente. Queste persone, tuttavia, devono essere incoraggiate a riflettere sulla compatibilità o meno tra la loro fede e l'appartenenza alla chiesa cattolica. Inoltre, esse devono essere aiutate a ripensare criticamente la loro matrice cattolica residua alla luce dell'insegnamento biblico.

La critica al sistema cattolico non deve fare di ogni erba un fascio per quanto riguarda le persone in cammino. Inoltre, è possibile, e anzi necessario, imbastire occasioni di co-belligeranza in campi d’impegno comune: 

13. Nell'adempimento del mandato culturale si possono verificare convergenze, collaborazioni ed azioni comuni tra evangelici e cattolici, così come tra evangelici e persone di altri orientamenti religiosi ed ideologici. Laddove sono in gioco valori comuni in campo etico, sociale, culturale e politico sono auspicabili iniziative di co-belligeranza. Queste forme di cooperazione necessarie ed inevitabili non devono essere scambiate per iniziative ecumeniche, né devono essere considerate espressione di un ritrovato consenso dottrinale.

Una nuova era tra evangelici e cattolici? Lo sguardo lungo della storia, il discernimento spirituale dell’evangelo, la visione d’insieme a cui lo Spirito ci chiama ci inducono a rispondere “sì” e “no”. Sicuramente, col Vaticano II è iniziato un tempo diverso che va capito. Non si deve avere del cattolicesimo una visione appiattita o statica. D’altra parte, il Vaticano II e papa Francesco che  ne è l’incarnazione più riuscita, sono solo l’ultima tappa evolutiva di un sistema nato e sviluppatosi con un peccato originale da cui non è stato ancora redento, ma che si è al contrario consolidato. Non qualche diplomazia ecumenica potrà cambiarlo e nemmeno l’aggiunta di una nuova offerta evangelica al menù tradizionale. Per tutti vale l’invito del Signore Gesù: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: ravvedetevi e convertitevi all’evangelo” (Marco 1,14). Il vero tempo nuovo, se Dio lo vorrà, sarà quando il cattolicesimo romperà lo schema ecclesiologico imperiale e rifonderà la proprio cattolicità non più in base al progetto dell’assimilazione, ma in forza della fedeltà all’evangelo. 

(Relazione presentata all’Assemblea dell’Alleanza Evangelica Italiana, Roma, 8 aprile 2016)

[1] http://www.alleanzaevangelica.org/cattolicesimo-romano/1999-1_cattolicesimo_orientamenti.htm. “Orientamenti evangelici per pensare il cattolicesimo”, Ideaitalia III:5 (1999) 7-8; anche in Comunicazioni cristiane XI (1999/12) 13-14 [trad.: “Le catholicisme romain: une approche évangélique”, Vivre, 8-9 (2000) 10-14 e Fac-Réflexion 51-52 (2000/2-3) 44-49; “Ein Evangelikaler Ansatz zum Verständnis des Römischen Katholizismus”, Freie Theologische Akademie, 2000 e Bibel Info 59/3 (2001) 10-13; “An Evangelical Approach Towards Understanding Roman Catholicism”, Evangelicals Now, Dec 2000, 12-13; European Journal of Theology X (2001/1) 32-35].


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