Vocabolario kuyperiano (IX): futuro
La parola futuro può suscitare tante emozioni: paura, indifferenza, entusiasmo, ottimismo, pessimismo, … Il modo in cui ci approcciamo ad esso influenza il nostro modo di vivere nel presente. Ma cosa può dire la fede cristiana sul futuro? Abraham Kuyper (1837-1920) nelle Lezioni sul calvinismo tenute all’Università di Princeton nel 1898, nel presentare la fede evangelica come qualche cosa che deve essere vissuta come un sistema di vita, che guida e influenza tutta l’esistenza umana in tutte le sue sfere come la religione, l’arte, la scienza, la politica, parla anche del rapporto tra il calvinismo, e quindi la fede evangelica, e il futuro.
Kuyper abilmente affronta, analizza e inquadra quelle che sono le tendenze del suo tempo e rilancia un’alternativa cristiana per un futuro diverso. L’influenza dominante del modernismo al tempo di Kuyper porta a due implicazioni fondamentali. La prima è che il punto di partenza non è più l’ideale o il divino, ma il materiale. La seconda è che la sovranità di Dio, che dovrebbe essere suprema, invece è negata. Pertanto, denaro, piacere e potere sociale sono “gli unici oggetti della ricerca, e la gente è sempre più disposta a ricorrere a qualsiasi mezzo per assicurarseli” (p. 206). Per Kuyper la società moderna “non è avanzata di un solo passo nell’istituire nuovi principi, non ci ha affatto donato un più alto concetto della vita e non ci ha offerto maggiore stabilità né una più solida vita etica e religiosa, ovvero essa non ci ha dato una vera esistenza umana” (p. 214). Per questa ragione la fede cristiana, nella sua espressione calvinista, ha molto da dire.
Per Kuyper questo non significa che tutte le chiese devono sottomettersi o essere assorbite da una organizzazione “calvinista”, sarebbe una idea “immatura e grossolana” (p. 220). Quello che Kuyper intende però è che il calvinismo, per la sua portata non può essere ignorato né annullato. Le tracce della sua influenza nella storia, nella vita sociale, politica, scientifica, educativa ed estetica devono essere rimarcate. Esso sembra essere difeso solo in ambito teologico, ma deve essere presentato come un insieme sistematico. I suoi principi devono essere sviluppati in accordo ai bisogni del tempo e applicati a tutti gli ambiti della vita: filosofia, estetica, letteratura, scienza, medicina, economia, educazione. Coloro che si dichiarano calvinisti devono smettere di vergognarsene. Chi confessa la propria fede deve avere il coraggio di metterla in pratica a parole e in opere.
Per Kuyper c’è una necessità di più calvinismo per i bisogni del futuro. Ritornare al calvinismo per Kuyper non significa pianificare una strategia di ripristino per imitazione del passato, ma il semplice ritorno alla pianta calvinista, ripulirla, innaffiarla, curarla e farla germogliare e fiorire nuovamente in accordo con la vita attuale e con le sue esigenze future. Non si può affrontare il futuro senza comprendere che Dio è il Dio della storia e la sua sovranità, principio cardine del calvinismo, è sempre attuata e praticata nel corso del tempo. Non si può guardare al futuro senza considerare i decreti di Dio. Non si può guardare al futuro senza la consapevolezza che Dio ha stabilito tutto fin dal principio nella creazione. Non si può guardare al futuro senza la speranza nelle promesse di Dio.
Il cristianesimo gioca in ruolo importantissimo per il futuro. Per Kuyper il cristianesimo deve essere vissuto nella sua totalità, non si può presentare un’alternativa per il futuro monca o frammentata. I cristiani non possano sperare in un futuro migliore considerando solo e soltanto la pratica filantropica. Non si può ripiegare sulle opere caritatevoli ed essere silenti sulla dottrina evangelica perché sarebbe un errore in quanto “è possibile immaginare qualcosa di più mostruoso dei cosiddetti missionari liberali che predicano solo umanità e una pietà sbiadita, e che affrontano i saggi pagani sostenendo di non aver mai insegnato o creduto nient’altro che il moderno umanesimo dei loro circoli culturali?” (p. 217).
È altresì da escludere che la forza del cristianesimo per un’inversione nello spirito del tempo sia da ricercarsi solo e soltanto nel misticismo (spiritualità). Il misticismo per sua natura tende ad appartarsi, si sforza di evitare il contatto con il mondo esterno e la sua vera forza “risiede nell’impassibilità dell’anima” (p. 217). Puntare solo sulla spiritualità per il cristianesimo significherebbe avere una posizione passiva, indifferente. Il misticismo è dolce e le opere cristiane sono preziose, ma la vera forza del cristianesimo è nella sua totalità che si manifesta in una triplice attività: Dio creò la mano per lavorare, la mente per capire il mondo e il cuore per l’esperienza spirituale.
La sfida che Kuyper lancia alla fine della sua ultima conferenza per il popolo evangelico è di contrapporre principio a principio, visione del mondo a visione del mondo, spirito a spirito. L’ uomo compare davanti a Dio in una triplice veste: re nelle opere, profeta nell’annuncio delle verità bibliche e sacerdote nel cuore. Questo è il futuro.