Evangelici e media (V). Il (pessimo) stato di salute dell’informazione religiosa in Italia

 
 

E’ un Paese libero quello in cui le minoranze religiose non hanno voce “pubblica”? E se non è libero cosa si può fare per incrementare il pluralismo della comunicazione in modo che tutte le voci siano ascoltate? Da queste domande è partita la tavola rotonda sul pluralismo religioso e media con la partecipazione di Chiara Lamberti (Ideaitalia), Alberto Corsani (Riforma) e Riccardo Cristiano (per molti anni vaticanista del giornale radio RAI) in occasione della trentaseiesima edizione delle Giornate Teologiche di Padova sul tema “Evangelici e media”.


Nell’avvicinarsi al pluralismo lacunoso italiano, Lamberti ha detto che questo dato non dovrebbe sorprendere posto che la mancanza di attenzione verso il pluralismo religioso è un diretto riflesso del vuoto culturale radicato nel monopolio storico della religione cattolica in Italia e cristallizzato nella Carta costituzionale che prevede trattamenti diversi tra soggetti di serie A (chiesa cattolica) e di serie B (confessioni “diverse dalla cattolica”). In Italia, il difficile rapporto tra l’informazione e il pluralismo religioso è un non problema nel senso che, “prima ancora di essere non-risolto, risulta non-sollevato. Questa lacuna è talmente radicata da non essere messa in discussione.


Nonostante i cambiamenti sociali degli ultimi decenni, i media continuano a dare ampio spazio al cattolicesimo (con le notizie sul papa, le serie su preti e santi, la partecipazione di cattolici ai talk-show), mentre le confessioni religiose di minoranza ricevono spazi minimi e marginali, come i programmi “Protestantesimo” e “Sorgente di Vita”, relegati a fasce orarie notturne. Tra l’altro, nel caso di “Protestantesimo”, si tratta di una trasmissione che rappresenta una piccola parte del più ampio mondo evangelico italiano che, invece, non ha voce. 


La mancanza di pluralismo nei media limita la rappresentazione delle società. Pertanto, è importante e necessario che il fenomeno venga denunciato perché possano essere poste in essere azioni che introducano “ingredienti di pluralismo”. Il mondo evangelico deve pertanto essere pronto a sapere “abitare” il mondo dei media. Per fare ciò è necessario che sviluppi una voce autorevole e credibile che sia in grado di portare avanti “una teologia evangelica pubblica solida, una cultura evangelica profondamente biblica, che investa nella formazione e che si impegni nell’unità”.


Corsani ha sottolineato come nel contesto italiano la maggiore attenzione sulle minoranze religiose, pur sempre residuale, sia stata resa possibile dalle numerose battaglie per la laicità, come quelle legate all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole. Ha inoltre sottolineato come anche la chiesa cattolica debba prendere atto della sua trasformazione in una minoranza, con solo il 19% dei battezzati che si definiscono cattolici praticanti. Questo dato mette in discussione, tra le altre cose, il ruolo preminente della religione cattolica nelle scuole e nei media, aprendo la strada alla necessità di una legge quadro sulla libertà religiosa.


Riccardo Cristiano ha affrontato il tema del dialogo interreligioso proponendo una visione che vada oltre il dualismo tra religione di maggioranza e minoranze. Cristiano ha sostenuto che "non esistono minoranze", invitando a un approccio che riconosca tutte le fedi come portatrici di dignità e valori comuni. Ha anche riconosciuto che l’Italia è ancora lontana dal superare il sistema di "casacche" religiose, come dimostra l’esistenza di strutture come RAI Vaticano.  


La tavola rotonda alle Giornate teologiche ha messo in luce l’urgente bisogno di ripensare il pluralismo religioso nei media italiani. Il vuoto storico e culturale nella rappresentazione delle minoranze religiose non è un vulnus senza conseguenze sulla salute della democrazia. D’altra parte, il mondo evangelico non ha sin qui investito in termini di visione e di competenze per dotarsi di strutture giornalistiche ed iniziative culturali in grado di abitare il mondo dei media in modo continuativo. Per il mondo evangelico, l’occasione è quella di sviluppare una teologia pubblica solida, capace di formare professionalità all’altezza e di partecipare a un dibattito culturale più ampio con una voce religiosa diversa.



Della stessa serie:

Giosuè Bua, “Evangelici e media (I). Abitiamo il mondo dei media in modo cristiano?” (11/9/2024)
Isabella Savino, “Evangelici e media (II). L’esperienza spagnola ed europea di “Evangelical Focus” (17/9/2024)
Lidia Goldoni, “Evangelici e media (III). La chiesa della parola nell’era della multimedialità” (24/9/2024)
Alessandro Piccirillo, “Evangelici e media (IV). Esperienze evangeliche italiane nei media” (30/9/2024)